La notte del 22 maggio, evidentemente, porta bene alle squadre lombarde nerazzurre quando in palio c'è una finale europea contro una squadra tedesca. Era successo all'Inter di Mourinho, 14 anni fa, contro il Bayern Monaco; è successo ieri sera all'Atalanta di Gasperini in Europa League contro il favorito Bayer Leverkusen. La maledizione delle finali - finora la Dea le aveva perse tutte, inclusa quella recente in Coppa Italia contro la Juventus - è stata spezzata. Due trionfi differenti, due presupposti di partenza completamente diversi. Da una parte una schiacciasassi costruita per vincere in Italia e osare in Europa; dall'altra un progetto attento, frutto dello scouting e, soprattutto, della pazienza di chi gestisce la Società: quella famiglia Percassi che è sinonimo di garanzia e, appunto, progettualità.
E poi c'è Gasp, vate del calcio internazionale (giusto dirlo, a questo punto ma forse anche prima) che ha sconfessato i canoni del calcio moderno, fatto di innesti stramilionari a ogni pie' sospinto per poter competere ad alti livelli. Lui i campioni li forgia in casa, prendendoli da campionati sperduti o raccattandoli da club che li avevano scartati (si veda Lookman, eroe della notte di Dublino, uno dei colpacci del fuoriclasse Sartori, maestro di competenza e direttore sportivo in grado di decuplicare il valore dei giocatori) oppure sfruttando il serbatoio sempre prolifico del settore giovanile (il jolly Scalvini e l'esterno sinistro Ruggeri sono solo gli ultimi due in ordine cronologico) frutto di un lavoro decennale su cui resta la firma di un genio, il compianto Mino Favini. Già, perché nulla è frutto del caso, e affonda le radici nel passato.
E la pazienza? Beato chi ce l'ha, in un calcio italiano votato al successo, ai risultati e a tutto ciò che ne concerne in termini di scarsa valorizzazione dei giovani. Ma la pazienza è stata proprio l'arma letale della Dea. Perché l'avvio di Gasperini sulla panchina dell'Atalanta, nel 2016, era stato a dir poco disastroso. Era il 21 settembre del 2016 quando un gol del palermitano Nestorovski condannava i nerazzurri alla quinta sconfitta consecutiva. Qualunque altra Società avrebbe silurato il tecnico. Non il club a guida Percassi, che sulle idee del Gasp aveva puntato fortissimo. In pochi mesi, dopo un successo clamoroso al San Paolo di Napoli, l'Atalanta ha preso il largo, avviando 8 anni da brividi, culminati con la vittoria dell'Europa League.
Tutto qui? No, perché l'ultima - non scontata - accortezza la Società bergamasca ce l'ha nei confronti della tifoseria. Non quella che ha già la Dea tatuata sul petto ma quella che... verrà. A ogni bimbo nato a Bergamo e provincia, infatti, viene spedito un kit dell'Atalanta. Chi ci vede solo del marketing, sbaglia. Perché così si crea un'identità. O quanto meno si stuzzica la fantasia. L'ennesimo tassello di un puzzle perfetto e sostenibile.
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