Federico Buffa è - senza tema di smentita o querele da parte di altri - il più grande storyteller sportivo di sempre. Ma non diteglielo, perché questa etichetta non lo entusiasma. Anzi quasi si intimidisce e ride con malcelato imbarazzo quando un amico-collega come Paolo Ghisoni lo chiama “maestro”. Abbiamo trascorso una giornata con loro, due voci e volti stranoti di Sky, e con la brillante giornalista trapanese Stefania Renda. Vi raccontiamo tutto di queste ore di piacevole coesistenza. O forse no, perché qualcosa preferiamo tenerla per noi.
«Ma questo campus? Meraviglioso». Dopo un viaggio molto più simile a una fase di studio, Buffa sgrana gli occhi mentre l'auto attraversa internamente l'Università della Calabria. «Ecco, anche stavolta il pregiudizio tipico dei nordisti decade, ci sono troppi pregiudizi ma puntualmente vengono ribaltati: questa università mi ricorda molto UCLA (l'università di Los Angeles), che ho frequentato da studente non brillantissimo». Lo attendono altri studenti, quelli dell'Unical: non vedono l'ora di farsi vergare la prima pagina del libro di Buffa. Di uno dei libri scritti da Buffa. In prima fila c'è anche Piero Guido, promotore dell'incontro in qualità di delegato del rettore allo Sport. Di tomi da farsi autografare ne porta con sé addirittura tre: «Sei in possesso anche di questo? Ha una copertina rarissima». Gli fa notare con stupore Buffa. Qualche selfie, un paio di interviste volanti e si comincia. Si parla di calcio, di narrazione calcistica e delle emozioni che il calcio sprigiona nei suoi appassionati. Calcio, calcio, calcio. Ma quel calcio che ancora resiste e che è lontano anni luce da parole tanto algide quanto tossiche - per i nostalgici - come business, fatturati, fairplay finanziario. E invece in questo contesto universitario si parla di prospettive. Già, perché il motivo dell'incontro è la presentazione del progetto guidato sin dagli albori da Paolo Ghisoni: La Giovane Italia - i migliori under 19 in cui crediamo è un almanacco che da oltre 10 anni trova spazio in bella vista nelle librerie di appassionati, addetti ai lavori e talent scout. Una sorta di bibbia del calcio giovanile che dal 2011 fa la radiografia ai migliori virgulti dai 15 ai 19 anni. Difficile, quasi impossibile, che sia sfuggita qualcosa agli 007 di Ghisoni. Difficile che sia sfuggito, a lui come allo stesso Buffa, cosa realmente non funzioni nel calcio italiano. A cominciare dal “Decreto Crescita” - se ne parla anche nell'intervista che proponiamo insieme all'articolo - che ha di fatto riempito il calcio italiano di giocatori di medio-basso livello provenienti dall'estero, sbarrando contestualmente la strada ai talenti locali. I due giornalisti ne parlano sul palco di una delle due sale-Cinema presenti sul ponte “Bucci”, un piano più in giù rispetto al teatro Tau. Buffa è un fiume in piena: stimola i presenti, gli pone anche degli interrogativi, li sprona a documentarsi. Ma soprattutto gli regala sprazzi di storia del calcio, dipingendo parole con un pennello immaginario che si libra nell'aria e crea un effetto magnetico: impossibile staccargli gli occhi di dosso o perdere anche un solo vocabolo. Un'ora intensa, in cui non mancano le domande e le promesse. Buffa tornerà all'Unical, c'è da scommetterci: si è trovato davvero bene e ha avuto modo di ammirare anche il Tau, a margine dell'incontro in sala-cinema. E poi giù, altra razione di autografie e selfie: gli ospiti d'eccezione si prestano volentieri ma poi si dirigono, per tempo (meglio non rischiare nulla, alla luce della deviazione sulla “280” martoriata dal maltempo), verso la seconda tappa del minutour calabrese: il teatro Politeama di Catanzaro, che ospita lo spettacolo di Buffa “La milonga del futbol” (inserito all'interno della rassegna “Festival d'autunno”). Un viaggio emotivo che ripercorre la storia di grandissimi calciatori argentini legati al calcio italiano: Renato Cesarini, Omar Sivori e Diego Armando Maradona. Ecco, da qui si chiude la saracinesca: niente spoiler, perché uno spettacolo del genere merita di essere visto più che recensito, soprattutto per chi ama il calcio che fu, con tutto ciò che si porta dietro. E che sembra tanto, ma proprio tanto distante da quello di oggi, sempre meno emozionante ed emozionale. Anche perché, come sostiene il grande Bielsa - e come certifica lo stesso Buffa - si ha il vago sospetto che (il calcio) lo stiano letteralmente levando ai poveri.
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