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Addio Bruno Pizzul, avrebbe meritato un “Campioni del mondo!” anche lui. Tramonta l’era dei telecronisti iconici

«Forse non sarà una canzone... a cambiare le regole del gioco». E non sarà neppure una telecronaca. O forse sì. Sì, perché se viene scandita con una meravigliosa voce gutturale, anche la narrazione di una partita di calcio può diventare iconica. La voce di Bruno Pizzul, per l'esattezza, cantore delle gesta azzurre da Messico '86 fino alla Corea 2002. L'intermezzo inglorioso (in termini di vittorie) di una Nazionale che prima - Spagna '82 - e dopo - Germania 2006 - i Mondiali li vinse. Eppure avrebbe meritato di declamare “Campioni del Mondo!” anche lui, che ha vissuto l'epoca più sfortunata per gli azzurri del secolo scorso: dalla figuraccia dei campioni del mondo in carica dell'86 ai maledetti rigori tra il 90' (Italia eliminata in casa dall'Argentina), il '94 (ko nella finale statunitense contro il Brasile) e il '98 (azzurri fuori ai quarti contro la Francia, in casa loro), chiudendo con la “truffa” coreana firmata (e poi accertata) Byron Moreno. A questo va aggiunta la finale degli Europei persi al golden gol (poi pratica estinta...) sempre contro i Galletti. Certo, avrebbe potuto anche incrociare il dramma della doppia mancata qualificazione tra il 2018 e il 2022, ma sarebbe stata davvero una punizione troppo severa per un campione di compostezza come lui.
E con l'addio di Pizzul, tramonta anche l'ultimo “esemplare” di una scuola di telecronisti Rai (ma non solo) che si era aperta con Niccolò Carosio e Nando Martellini. Oggi il vento in cabina di commento è cambiato e spesso le emozioni vengono urlate più che raccontate. C'è qualcuno che resta nel solco pizzulliano, ma è meno gettonato nel calcio di oggi. Bruno Pizzul, di certo, se li sarà goduti fino all'ultimo i suoi “eredi”.

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