Sorrentino con “È stata la mano di Dio” sbanca a Venezia. Il film in concorso alla Mostra del cinema ha avuto nove minuti di applausi e riscosso grande interesse con sale piene in tutte le proiezioni.
“È stata la mano di Dio”, il film di Paolo Sorrentino dichiaratamente personale, intimo, autobiografico in cui ripercorre la sua adolescenza a Napoli di tanto amore e altrettanto dolore con la perdita dei genitori a 16 anni, è diverso da tutti i suoi precedenti.
«Ero qui a Venezia 20 anni fa con il mio primo film, “L’uomo in più”, interpretato da Toni Servillo» – che qui invece interpreta suo padre – «mi piace pensare che questo sia un nuovo inizio», ha detto il regista all’Ansa. Un film in cui con grande coraggio fa i conti con il suo passato, segnato appunto da quella tragedia dopo la quale capì meglio cosa voleva fare da grande, ossia il cinema e trasferirsi a Roma.
«Mi sono deciso ora – ha proseguito il premio Oscar per “La Grande Bellezza” – forse perché ho l’età giusta, quella in cui si fanno i bilanci, ho fatto 50 anni, e tutto quell’amore vissuto e tutto quel dolore potevano essere declinati in un racconto cinematografico, mi sono sentito insomma abbastanza grande o maturo per affrontarlo. Da anni tenevo con il passato un monologo interiore, bloccavo i ricordi, il film, certo, è un tentativo di liberarsi, se sarà riuscito lo scoprirò con il tempo».
«Ci sono i pianti ma anche tante risate» ha sottolineato Toni Servillo che a Venezia 78 è protagonista anche di “Qui rido io” di Mario Martone e di “Ariaferma” di Leonardo Di Costanzo accanto a Silvio Orlando.
Il titolo del film cita la famosa mitica frase di Maradona per giustificarsi del gol argentino all’Inghilterra ai Mondiali ‘86 : «È una bellissima, emblematica metafora. È un titolo che si riferisce al caso o al divino, io credo nel potere semi divino di Maradona», ha detto Sorrentino che da ragazzo proprio per vedere la partita del Napoli a Empoli non seguì i suoi genitori nell’abituale weekend in montagna a Roccaraso in cui morirono per una fuga di gas.
«È un mio grande rammarico non aver potuto far vedere il film a Diego, il mio primo desiderio era questo», spiega mentre rispetto alle polemiche sull’approvazione del progetto Sorrentino ritiene che non venissero dal giocatore, morto il 25 novembre 2020, «ma piuttosto dal suo entourage».
«C’è voluto più coraggio a scriverlo che a farlo, perché poi sul set, anche se ci sono stati momenti emozionanti, ci sono le scelte e i problemi pratici che ti salvano e ti fanno superare quasi del tutto le paure. Io sono molto pauroso nella vita, al cinema invece accade il contrario, mi sembra di essere stato finora coraggioso, ma per questo film tutto era diverso: la priorità è stata non tradire quei sentimenti vissuti all’epoca dei fatti, fare un film semplice, essenziale e lasciar passare sentimenti ed emozioni», rivela con trasporto.
Nella storia il giovane attore Filippo Scotti è Fabietto, l’alter ego del regista, «con la stessa timidezza, inadeguatezza che ricordavo di avere da ragazzo». Toni Servillo e Teresa Saponangelo interpretano i suoi genitori, «non ci ha chiesto di essere fedeli ma di ricordarli come una coppia molto innamorata», spiega Servillo che sin dall’inizio della collaborazione ormai ventennale con Sorrentino era predestinato prima o poi ad interpretare il genitore («me lo aveva promesso: “quando troverò la giusta distanza” sarai mio padre in un film che prima o poi farò», ricorda Servillo).
Resta, nel gioco delle coincidenze tra i personaggi rappresentati e la realtà storica, il mistero sulla affascinante sexy psicologicamente fragile zia Patrizia, interpretata da Luisa Ranieri. Sorrentino prova a fugare il dubbio: «Se avessi avuto una zia bella come Luisa la mia vita sarebbe stata diversa».
Il film uscirà in cinema selezionati in Italia il 24 novembre e su Netflix il 15 dicembre 2021.
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