Il senso di un festival per il cinema, il gap tra una Mostra con la sua bolla cinefila e il pubblico, il rapporto da ricostruire tra le persone e la sala cinematografica, il ponte da Venezia a Los Angeles per gli Oscar e le rinnovate speranze per Paolo Sorrentino. Chiusa Venezia 78 («un’annata eccezionale» l’ha definita il direttore Alberto Barbera, soddisfatto che l’alta qualità della selezione sia stata, salvo poche eccezioni, confermata nei fatti da critici e giornalisti), lanciata l’edizione 2022 (31 agosto-10 settembre), la 90. del festival di cinema più antico, si guarda avanti.
Paolo Sorrentino accarezza il Leone d’Argento con l’emozione che non va via. «Francamente non mi aspettavo niente. Avendo fatto parte in passato di altre giurie, che sono la cosa più imprevedibile e stravagante del mondo del cinema, so bene che è sempre un terno a lotto. Il fatto che fosse stato accolto bene dalla stampa non era un indicatore valido. Poi, quando venerdì pomeriggio mi hanno chiamato per farmi tornare, senza dirmi ovviamente per quale premio, mi è salita un’emozione che ancora non va via. So come ci si sente a non ricevere quella telefonata», ha detto a notte fonda il regista Gran premio della giuria al ricevimento dei premiati. Emozionato persino più degli Oscar, perché «lì si arriva stanchi dopo mesi e mesi di campagna soprattutto per chi fa avanti e indietro con l’Italia. È bellissimo ma non vedi l’ora che finisca».
È pronto a fare di nuovo avanti e indietro dall’altra parte dell’Oceano?
«Mi sembra tutto prematuro, bisogna fare i passetti uno alla volta. Siamo contenti del Leone, poi da domani ci sediamo con la grande squadra di questo film e vediamo il da farsi» ha risposto all’Ansa. “È stata la mano di Dio”, prudenza del regista napoletano a parte, sembra avere la strada spianata come film italiano da designare per le nomination dell’Oscar Internazionale ma anche come film da considerare per tutte le categorie, considerando la produzione di Netflix.
Entro il 31 ottobre all’Anica, invitata dall’Academy, dovranno pervenire le candidature, poi la commissione sceglierà entro martedì 1 novembre il film italiano (le nomination saranno l’8 febbraio 2022, la cerimonia si terrà a Los Angeles il 27 marzo).
Potrebbero esserci alternative al film di Sorrentino? L’Armata Brancaleone in cerca di abbracci, ossia “Freaks Out” di Gabriele Mainetti, è una ipotesi? “Qui rido io” di Mario Martone? Tutto può essere, ma altamente improbabile. Sorrentino, dopo la première di Venezia, è andato in Colorado all’importante festival di Telluride per presentare “È stata la mano di Dio” ottenendo applausi e recensioni persino imbarazzanti tanto positive e di lancio per la statuetta. Sembrerebbe un harakiri.
«È piaciuto in Usa perché è una storia che può riguardare tutti, una vicenda umana che si basa su famiglia, allegria, vitalità, lutto, morte, dolore temi davvero universali», ha proseguito sottolineando il registro di «semplicità e sincerità» per cui si è parlato di «svolta», forse per «presenilità», ha aggiunto scherzando.
Michelangelo Frammartino, Premio della giuria per “Il Buco” (un film su una grande impresa speleologica in Calabria nel 1961), si definisce un «underground», un diverso che fa «un cinema sotterraneo», però piace all’estero: «Il cinema è apolide, è bello un premio da una giuria internazionale e spero che si vedrà all’estero».
Potrebbe essere un rivale per la designazione italiana agli Oscar?
«No no, l’Italia deve vincere, andranno altri non io», ha risposto all’Ansa.
Da Venezia agli Oscar sono in partenza anche altri film: Kristen Stewart di “Spencer” di Pablo Larrain è già data tra le favorite, “The power of the dog” (ancora Netflix) con Jane Campion che potrebbe essere la prima donna nominata una seconda volta e i suoi attori Benedict Cumberbatch e Kirsten Dunst, il “Dune” di Denis Villeneuve e tanto altro: «Grandi chances per le nomination, i giochi sono appena iniziati, la corsa è affollata», ha detto Barbera.
Tra tanta vitalità cinematografica, con una Mostra del cinema che ha esaltato la presenza di tanti talenti due grandi nodi: il box office che non decolla e la forza delle nuove major produttive, ossia Netflix e le altre piattaforme. «La Mostra è una vetrina, i rapporti tra piattaforme e sale si sono ribaltati e si andrà verso un assestamento, mi auguro – ha aggiunto Barbera – che un doppio sistema continuerà ad esistere e di cui andranno definite le regole e questa è una grande sfida.
Le sale sopravvivranno con quali caratteristiche? Solo per i blockbuster? Solo per un pubblico cinefilo di nicchia? Non bisogna demonizzare gli streamers, oggi ci sono grandi opportunità per il pubblico di vedere i film ovunque e un festival non può ignorare che tra i principali produttori di cinema di qualità ci sono le piattaforme. Oggi ci sono tanti cinema e tanti pubblici, questa diversità è sotto gli occhi di tutti, le nuove regole sono da scrivere»
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