Domenica 22 Dicembre 2024

Salina incorona “Il palazzo”

Ha vinto l’utopia de “Il Palazzo”, con vista su San Pietro, nel cuore di Roma. Il proprietario, come un mecenate rinascimentale, lo mette a disposizione, tra gli anni Settanta e Ottanta, a un’eclettica comunità di amici che ne trasformano ogni angolo in un set cinematografico permanente. E Mauro, il più carismatico del gruppo, dirige gli altri in un film visionario, isolandosi sempre più dal mondo esterno, fino a non uscire più da quella casa. “Il Palazzo” è frequentato per un periodo anche dalla regista del documentario, Federica Di Giacomo, che ritorna in quel luogo per la veglia funebre di Mauro. «Il film – spiega la Di Giacomo – vive di quella particolare energia che si sprigiona dopo il contatto con la morte che rappresenta anche la fine della giovinezza e del gioco, fatta di domande sul senso e sulla capacità di costruire qualcosa che rimanga, in una società che rimuove costantemente proprio la morte». A questa riflessione sui sogni infranti è andato il Premio Tasca d’Almerita, al termine di quattro giorni di proiezioni e incontri che hanno animato la quindicesima edizione del SalinaDocFest, il festival del documentario narrativo, ideato e diretto da Giovanna Taviani. Questa la motivazione della giuria composta da Catherine Bizern (Cinéma du Rèel), dal regista François Caillat e presieduta da Richard Copans (Les Film d’Ici): «Il film che noi abbiamo scelto è una proposta generosa e affascinante, un film corale che chiama in causa la storia del cinema. Ci fa incontrare una comunità che si è fondata sulla fede assoluta nel cinema e che attorno al suo protagonista ha passato la propria giovinezza girando un film come fosse un capolavoro. Cosa resta oggi delle loro vite dopo che l’utopia si è dissolta nel tempo?». I giurati hanno, inoltre, assegnato una menzione speciale a “The Blunder of love” di Rocco Di Mento giudicandolo «un film che racconta la mitologia di una famiglia: quella del regista. Una storia, al contempo, di amore folle e di odio, di ricordi e di rimozione, di certezze e di dubbi. Ovvero la materia complessa e contraddittoria che caratterizza lo spessore delle nostre vite». Il regista ha spiegato la genesi del suo lavoro: «Quando ho iniziato a concepire questo film, la mia intenzione era quella di trovare una soluzione a un conflitto senza fine che si estende da tre generazioni nella mia famiglia. Un manoscritto ingiallito ritrovato mi ha fatto capire perché tanto dolore continuava ad albergare tra noi: il fallimento dell’immagine di mio nonno di un amore perfetto e di una famiglia felice ha finito per traumatizzare tre generazioni, incapaci di esprimere amore e tenerezza». Il Premio Signum 2021 lo ha conquistato “Naviganti” di Daniele De Michele “Donpasta”, figura bizzarra e geniale di dj, cuoco, filosofo e regista: il verdetto lo ha espresso una giuria formata da alcuni studenti dell’educandato scuola Maria Adelaide di Palermo e dagli allievi dell’Istituto Isa Conti, Eller Vainicher di Lipari. A loro il film è piaciuto «per essere riuscito, con l’abilità costruttiva di un ostinato visionario, a suggerire nuove soluzioni che diano spazio e respiro all’arte, nelle sue diverse forme, intesa come linguaggio universale, ma anche come terapia per il corpo e l’anima, necessaria a superare e lenire l’attuale periodo di disagio emotivo ed esistenziale che stiamo attraversando». Nel film il regista racconta la sua quotidianità intrecciata a quella di una scenografa disoccupata, un musicista senza spettacoli, un contadino poeta. Artisti, gli unici a non riprendere il loro lavoro nell’agosto del 2020, dopo il lockdown. “Donpasta”, considerato dal New York Times «uno dei più inventivi attivisti del cinema», spiega: «Ho seguito i protagonisti per un anno e mezzo, per capire come sarebbe cambiato il mondo e come, di conseguenza, sarebbero mutate le loro vite». Ieri sera il SalinaDocFest ha salutato le Eolie per trasferirsi a Roma, dal primo a 3 ottobre.

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