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Il fumetto, e adesso film: Diabolik mito dell'Italia in nero

Debutta nel novembre 1962 come tascabile per i pendolari. Ed entra nel dna culturale italiano

L'ultima "versione". Luca Marinelli è il Diabolik del film

Diabolik, il genio del male nato dal talento delle sorelle Giussani, incarna molte anime e il suo personaggio dal fumetto arriva al grande schermo con il nuovo atteso film dei fratelli Manetti, in sala da giovedì. Intanto una mostra evento a Torino, Diabolik alla Mole, (Museo Nazionale del Cinema, Mole Antonelliana 16 dicembre - 14 febbraio 2022 a cura di Luca Beatrice, Domenico De Gaetano e Luigi Mascheroni, ricco catalogo Silvana Editoriale) consente di ricordare in grande stile un personaggio davvero “pop” che è nel Dna culturale italiano a partire dagli anni 60.

Il primo fumetto esce il 1 novembre del 1962 nelle edicole italiane.

Titolo evocativo: «Il Re del Terrore», sottotitolo, «Il fumetto del brivido». Le sorelle Angela e Luciana Giussani, creatrici del personaggio, avevano ideato un formato tascabile adatto alla lettura in treno, calibrato per le migliaia di pendolari che ogni giorno arrivavano a Milano. «Già alla fine del 1963 Diabolik è parte dell’immaginario collettivo degli italiani: è l’antieroe cinico e vagamente inquietante che permette di uscire da un macrocosmo perbenista e puritano, inseguendo metaforicamente un’affermazione personale in cui conta solo il soddisfacimento del proprio piacere. Un inafferrabile criminale e spietato assassino, in linea dunque con una moralità nuova, che lascia da parte le remore dell’immediato dopoguerra e le preoccupazioni di ordine morale», dice Domenico De Gaetano.

Vari i tentativi cinematografici, una sola la trasposizione, nel 1968.

L’autore è Mario Bava, un autentico mago degli effetti speciali. Per il ruolo di Diabolik viene scelto il californiano John Phillip Law. Per il ruolo di Eva Kant Marisa Mell. Il risultato non piace praticamente a nessuno: produttore, Giussani, regista. Oltre 50 anni dopo ecco il progetto dei Manetti, fan del fumetto. Il film, prodotto da loro e da Carlo Macchitella con la Mompracem con Rai Cinema in associazione con la casa editrice Astorina, detentrice dei diritti ed editore della serie a fumetti di Diabolik, e Luigi de Vecchi è distribuito da 01 distribution.

«Diabolik, chi sei?»

Un antieroe, un criminale per cui si parteggia, un personaggio ambiguo: feroce e dignitoso, un mistero, un ladro inafferrabile, uno dei più celebri fumetti italiani di sempre, un fenomeno editoriale, giornalistico, sociale e culturale. Tra cronaca di ieri e miti d’oggi. Il giornalista Luigi Mascheroni, tra i curatori della mostra di Torino, racconta il contesto italiano di Diabolik.

Debutta in un nebbioso e grigio inizio di novembre del 1962

Un mese dopo lo schianto di Enrico Mattei nelle campagne di Bascapè, uno prima del collaudo della Linea 1 della metropolitana milanese e pochi mesi dopo la rivolta operaia di piazza Statuto a Torino. Un fumetto rivoluzionario e ribelle, inventato dalle borghesi sorelle Giussani, destinato negli anni a diventare conservatore e corretto, come il suo protagonista, capobanda di una lunga serie di «eroi in nero». Da lì il genio del male inventato da due ragazze della Milano bene conquista prima migliaia, poi milioni di lettori, diventando un simbolo sia del noir sia dei coloratissimi Sixties all’italiana.

Dice Mascheroni: «Diabolik è uno straordinario caso sociale, editoriale, imprenditoriale a cavallo tra, da una parte, l’Italia del boom economico, dei mutamenti della mentalità e del costume e, dall’altra, dell’Italia del desiderio, inquietante e oscura, che vuole emanciparsi, arricchirsi, possedere, l’Italia di un modello diverso di donna, elegante e irriverente, di nuove abitudini e nuovi vizi, un Paese che, trasformandosi da agricolo a uno tra i più industrializzati del mondo, conosce imponenti flussi di migrazioni interne, conflitti sociali, diseguaglianze economiche e un forte aumento della criminalità: furti, traffico di stupefacenti, rapine e omicidi.

Eccola, l’Italia in nero.

Il grande Nord ricco, brumoso, bramoso, peccaminoso. Il Nord che ha due capitali: Torino, la città più misteriosa d’Italia, magica, diabolica e nera, la città della banda Cavallero che con le sue violente scorribande marchiò gli anni dal 1963 al 1967; e poi Milano, la città più ricca d’Italia, sfrontata, feroce, mondana e irriverente, un carosello di negozi di lusso, «la città dei mitra» – palcoscenico della spettacolare rapina dell’aprile 1964 in una gioielleria della centralissima via Montenapoleone, la Colombo, dalla banda dei marsigliesi – della speculazione immobiliare, della moda, delle minigonne, dei gioielli.

Figlio di Fantômas, Rocambole e Arsenio Lupin, Diabolik ha attraversato sulla sua velocissima Jaguar la cronaca e il costume di sessant’anni di storia italiana. Sopravvissuto alle sue due madri – Angela è morta nel 1987, Luciana nel 2001 – uscito indenne da critiche e processi, salvatosi dai mutamenti epocali, ha resistito persino di fronte allo tsunami globale della Rete. Diabolik, con accanto la fedelissima, blondissima Eva, è ancora tra noi. Tira centomila copie al mese, terzo fumetto d’avventura più venduto in Italia dopo Tex e Dylan Dog.

Ora la parabola intera si compie

Dal fumetto allo schermo al fumetto, anzi al graphic novel: «Diabolik il Film» (Astorina/Mondadori Oscar Ink.), realizzato quasi in contemporanea con le riprese del film, dai disegnatori Salvatore Cuffari e Giulio Giordano (autore della copertina è Claudio Villa).

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