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Al cinema il caso Torregiani, "Ero in guerra ma non lo sapevo"

La storia del delitto del gioielliere di Milano assassinato il 16 febbraio 1979

Francesco Montanari interpreta Pierluigi Torregiani

Uno dei fatti più dibattuti degli anni di piombo viene narrato da una prospettiva più intima e personale in “Ero in guerra ma non lo sapevo” di Fabio Resinaro, al cinema dal 24 al 26 gennaio per 01 Distribution e prossimamente su Rai1. Prodotto da Eliseo Multimedia e Rai Cinema, il film, presentato ieri in videoconferenza, riporta la vicenda di Pierluigi Torregiani (Francesco Montanari), titolare di una gioielleria alla periferia nord di Milano, ucciso il 16 febbraio 1979 in un agguato dei Pac, i Proletari Armati per il Comunismo. L’uomo era stato condannato a morte dal gruppo terrorista di Cesare Battisti dopo aver reagito a un tentativo di rapina in un ristorante del capoluogo lombardo, gesto che gli valse la nomea di “sceriffo” sconvolgendone la quotidianità.

Tratto dal libro omonimo scritto dal figlio Alberto con Stefano Rabozzi (pubblicato da A.Car Edizioni), il film segue gli ultimi giorni di vita di Torregiani, dalle ore immediatamente precedenti la rapina fino all’attentato, riportando i fatti dal punto di vista del protagonista e della sua famiglia: la moglie Elena (Laura Chiatti) e i figli adottivi Alberto (Alessandro Tocco), Marisa (Juju Di Domenico) e Anna (Maria Vittoria Dallasta).

Una vera sfida per il regista Fabio Resinaro. «Era una storia già discussa con tesi e antitesi quasi stabilite, per cui andare a cercare qualcosa di sconosciuto per me è stato lo stimolo principale». Anche co-sceneggiatore, il regista sottolinea l’importanza e l’attualità della vicenda. «La storia ci racconta di come un uomo che tiene alla sua libertà possa essere coinvolto suo malgrado in una narrazione di sistema. Si tratta di una persona messa quasi in un lockdown forzato, e non è importante capire se avesse ragione o torto, bensì esplorare quanto possa essere difficile per chi vive una sua quotidianità diventare il meccanismo di un ingranaggio».

Non manca da parte del regista la critica esplicita verso un certo tipo di stampa, disposta a mettere al centro del mirino le persone e usarle come simbolo per raccontate e sostenere una tesi, anche politica. Resinaro ribalta infatti i classici canoni dei media a favore di un approccio centrato sulla persona: «Il punto di vista vicino al soggetto era proprio quello che volevo esplorare; ed è il punto di vista più politico, proprio perché si smarca dalle classiche posizioni che si sono contrapposte nel riportare questa vicenda».

Sulla stessa linea anche il protagonista Francesco Montanari. «Torregiani viene immesso suo malgrado in una dinamica di prepotenza e arroganza più forte di lui, a cui non vuole sottostare. Nel film il simbolismo dell’orologio è perfetto; proprio perché lui è abituato per lavoro ad aggiustare un meccanismo che si inceppa, prova in tutti i modi a far sì che ritorni a funzionare ben oliato, ma questo non avviene per dinamiche esterne a lui».

Il rapporto che ha con la moglie, interpretata da Laura Chiatti, è molto efficace nella narrazione. «Elena è una donna integra ed emancipata – afferma l’attrice - ma che a un certo punto non riesce più a comprendere il marito, che sembra non rendersi conto della gravità che la sua condizione sta portando in famiglia. Tutto il racconto dei fatti, dei silenzi e del disagio emotivo dei familiari rende molto bene il sentimento di impotenza dei familiari, che vivranno nella paura di non poter sostenere il padre e marito; e questo porterà a una rottura emotiva che poi probabilmente si ricomporrà dopo la sua morte».

Per il produttore Luca Barbareschi la realizzazione del film è stato un sogno accarezzato da tempo: «È sempre pericoloso entrare nei sentimenti e nel privato, ma la storia di Torregiani mi stava a cuore e avrei voluto realizzarla sei anni fa. È la storia di un cuore pugnalato e ferito che non è solo quello di una famiglia, ma di tutto un Paese».

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