Pazzesco. La narrativa delle immagini, la cura delle parole, quel solito doppio livello di senso che seppellisce sotto una risata il corpo di una, nessuna, centomila verità. Che la pianta, che la fa fiorire come un mandorlo a primavera. Per spiegare una Sicilia ripiegata a Colapesce e Dimartino sono bastati una certa quantità di corti legati da un pretesto, infilati dentro ad un breve lungometraggio, ripieni di una recitazione funzionale.
Nella trama c'è scritto che due ex amici s'incontrano dopo un periodo di distanza e ripartono insieme per dove non sono stati mai. Ad indagare le ragioni per cui I Metafisici (quel loro duo sdoppiato, tra uno attratto dai guadagni e l'altro schiacciato dal loro prezzo) si sono scoperti spezzati, con le ruote a terra. E perciò sono andati. Per ragioni diverse, on the road verso i posti della loro Isola sconosciuta com'era la loro stessa anima prima del viaggio.
Chi ha visto La primavera della mia vita lo sa. Che il film di Colapesce e Dimartino (nelle sale dal 20 febbraio), l'opera prima di Lorenzo e Antonio (due "troppo giovani per essere vecchie glorie e troppo vecchi per presentarsi come new best") che firmano anche la sceneggiatura (la regia segna invece l'esordio cinematografico di Zavvo Nicolosi) gira attorno a novantacinque minuti pieni senza riempimenti, densi, per nulla diluiti. Con Madame che canta Madame, la lezione di Vecchioni il professore, Brunori Sas in incognito, Stefania Rocca la manager che mentre pesca abbocca e basta, Corrado Fortuna...
Chi ha guardato La primavera della mia vita ormai sa che il tempo disarma la rabbia, che "sotto l'ombra di un mandorlo amaro un amico ti tende la mano". Che dei soldi ti accorgi quando non li hai, che nell'entusiasmo si annida il germe del fallimento. Che tra un ordine semenita (il seme, il principio, l'origine, l'embrione dell'esistenza), il coro degli albini, leggendari giganti nani ("i siciliani si sono accorciati per la fame delle dominazioni"), uno Speedy pizzo ("la criminalità organizzata intorno a te"), un'isola cornuta, il pane proibito e una teiera... "La vita è un susseguirsi di Gesù, tasse, rapporti sessuali deludenti... e poi muori".
Che la Sicilia, prima che meta è viaggio. Si può fare a bordo di un'auto immortale come Lazzaro, che resuscita ogni volta come il suo popolo. Un viaggio alla ricerca di radici. E puoi rivederci un padre perso di vista, magari vestito da Re Artù dentro al cratere di un vulcano, un Guglielmo Shakespeare indubbiamente messinese, e puoi dormire anche in piedi se trovi il tuo "equilibrio cosmico lombare". Chi l'ha guardato sa che siamo tutti schiavi di una paura antica, ma se segui la foglia puoi reincarnarti nel mondo che vuoi ogni volta che vuoi. Che la vita è un paradiso di bugie ma la riconciliazione è vicina, pure la natura lo è. Non è pazzesco?
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