Dopo l’ottima accoglienza per «Rapito» di Marco Bellocchio a Cannes l’Italia è ancora protagonista con «Il Sol dell’avvenire» di Nanni Moretti, in gara per la Palma d’oro. Il film, un notevole successo in sala in Italia con un traguardo di 4 milioni di euro d’incasso ormai vicino, è atteso con grande curiosità. Moretti è amato dal festival – è il suo ottavo film consecutivo ad essere presentato qui – dagli spettatori francesi e in generale dalla stampa internazionale che lo ha messo sulla carta tra i favoriti. Per la verifica dell’accoglienza di un film che è una summa del Moretti pensiero, tanto amato quanto detestato, quasi a voler regalare al suo pubblico – sì, Nanni ha un suo pubblico – quello che si aspettano da lui in termine di battute, situazioni, tematiche, bisognerà attendere la proiezione di oggi. Intanto Ecce Nanni in un film pieno di malinconie (un tema ricorrente dopo aver visto «Les feuilles mortes» di Aki Kaurismaki adorato dalla critica), nostalgia senile nella sua storia agrodolce e commovente di un regista che non comprende più i metodi di lavoro dei suoi coetanei, viene lasciato dalla moglie e abbandonato dalla figlia. Un film in cui, ha ammesso Moretti, «mi metto a nudo». Cannes per Nanni è abitudine ma non senza ricordi speciali come quando nel 1978 per Ecce bombo, «venni con una giacca gialla a quadretti comprata in un negozio dell’usato. Allora c’era la proiezione sulla spiaggia e nessuna etichetta e io ero nella più totale inconsapevolezza». Respinta al mittente la domanda sulla giuria dove siede Julia Ducorneau, la regista che vinse la Palma con Titane nell’anno di «Tre Piani», cosa che lo fece commentare su twitter con una faccia horror, Moretti sull’attualità politica ha detto solo che «la sinistra piano piano ricomincerà a fare la sinistra». Sulla Montée des Marches della sera è tra gli altri con Margherita Buy, Mathieu Amalric, Barbora Bobulova. L’altro film del concorso è una storia d’amore e di cucina, «La passion de Dodin Bouffant» di Tran Hang Hung, che racconta l’epoca dei grandi gastronomi francesi, di Auguste Escoffier nella Francia di metà ottocento. In una danza d’amore tra brodi, salse, arrosti, ricette sopraffine, il Napoleone del pot au feu – quel bollito misto di carni e verdure con tanti passaggi, chiarificazioni, spezie, a lunga cottura per cui era famoso Dodin Bouffant – s’innamora della sua sous chef, Juliette Binoche capace quanto lui. Partner davanti ai fornelli per 20 anni, l’indipendente Eugenie-Juliette resiste ad ogni corte di Dodin-Benoit Magimel, volendo restare indipendente. Ma poi qualcosa le farà cambiare idea. Binoche ha ritrovato per questo film il suo ex marito e l’intesa tra i due, tra sguardi complici, sembra rimasta intatta. Sul tappeto rosso del film si sono fatti notare con pugno alzato e canti i nativi dell’Amazzonia con lo striscione Nao ao Marco Temporal, contestando la tesi utilizzata per ostacolare la demarcazione delle terre indigene in Brasile. C’erano anche Virginie Efira con il pancione, arrivata per il film di Valerie Donzelli «L’amour et le forets» con Melvil Poupard, la modella Winnie Harlow. La star del giorno è Scarlett Johannson, tra i protagonisti del corale «Asteroid City» di Wes Anderson, in cui sono sullo stesso piano attori del calibro di Tom Hanks, Margot Robbie, Tilda Swinton, Edward Norton, Adrien Brody, Steve Carell e Jeff Goldblum. Il film, in sala con Universal dal 14 settembre, è un effetto collaterale della pandemia, come ha ammesso il regista: «Durante il Covid stavamo scrivendo la sceneggiatura, non credo che ci sarebbe una quarantena nella storia se non la stessimo vivendo», ha detto riferendosi allo sviluppo della trama in cui ad un certo punto nella città del deserto che dà il titolo al film, e in cui si riuniscono ogni anno giovani appassionati scienziati, si ipotizza una presenza aliena che costringe le autorità a bloccare entrate ed uscite del posto e a mettere tutti in quarantena. Scarlett Johannson, due volte candidata al premio Oscar e attrice record d’incassi, ha raccontato l’avventura di entrare nel mondo di Wes Anderson, un universo a sé stante fatto di set curatissimi, storie surreali, divertenti, fredde, una sorta di quadri animati che ami o odi, commedie plastiche spesso drammaturgicamente ferme. «Lavoro nel cinema da tanti anni, interpretare un personaggio è un po’ un prolungamento di me stessa, da tempo penso che per me il cinema è diventato un complesso mix tra vita reale e sogno, diciamo che è un’estensione del mio subconscio e dai miei sogni traggo spesso ispirazione e sostanza per i personaggi che interpreto», ha detto l’ex Black Widow che in «Asteroid City» interpreta una attrice famosa degli anni ‘50.