Il ritorno molto atteso del regista di «Fight Club» David Fincher con «The Killer,» un’esercitazione ambiziosa tra Henry James e l’intelligenza artificiale con «The Beast» di Bertrand Bonello e poi ancora, terzo film di giornata, il tedesco «The Theory of Everything» di Timm Kroger, mentre tiene ancora banco la polemica lanciata da Pierfrancesco Favino su Ferrari interpretato dall’americano Adam Driver. A Venezia 80 pesa inoltre l’assenza sul red carpet di star: sarebbe stato tutt’altro scenario al Palazzo del cinema con Michael Fassbender killer per Fincher e Lea Seydoux per il francese Bonello, assenti per lo sciopero degli autori ed attori. E così il tappeto rosso, nel primo weekend della Mostra solitamente affollato, vede passare delegazioni di produzioni con registi, scenografi, direttori di set, come pure le conferenze stampa ufficiali, un’annata tristanzuola.
A completare il quadro pure l’arresto di Gabriel Guevara, un giovane teen idol spagnolo, famoso per «Skam Spagna» e «È colpa mia», che sarebbe dovuto arrivare per un premio, il Filming Italy Best Movie (ma la Biennale precisa che la presenza di Guevara non era legata ad alcuna attività o produzione della Mostra), ma che invece è stato preso dalla polizia in seguito ad un mandato internazionale con l’accusa di violenza sessuale.
Fincher parte dall’idea che un assassino professionista ha i suoi momenti di pausa tra un delitto e l’altro, durante le quali corre anche un altro rischio: quello di diventare filosofo. È il plot del killer Michael Fassbender dal carattere solitario, senza scrupoli, freddo e minuzioso che si ritrova però a sbagliare un incarico. Animato da vendetta andrà alla ricerca dei suoi mandanti in una caccia all’uomo internazionale tra Parigi, New York e New Orleans. Tante scene d’azione, tra cui un interminabile duello all’ultimo sangue in un appartamento, da antologia. Estrazione letteraria – una graphic novel scritta da Alexis Nolent (a.k.a Matz) e illustrata da Luc Jacamon – e un cast in cui spicca una cattivissima Tilda Swinton.
Lea Seydoux, una delle attrici francesi più internazionali, ha dato forfait e mandato un messaggio «sapendo che migliaia di attori e scrittori stanno lottando, io scelgo di non venire a Venezia e promuoverò il film quando lo sciopero sarà finito». È la protagonista di «The Beast» di Bonello, un film alla (vorrei essere) David Lynch, filosofico, romantico e crosstemporale. Lo spunto, liberissimo, è da un racconto di Henry James, «La bestia nella giungla». In un andirivieni di anni, il 1910 ante guerra, pieno di luce e di speranza, il pre MeToo 2018 e un fantascientifico ma affatto lontano 2044, Gabrielle (Seydoux) è messa a dura prova con le emozioni per un grande amore, Louis (McKay) bloccata dall’ansia e dall’angoscia di una catastrofe imminente (una Parigi allagata dalla Senna che esonda). La soluzione è nel futuro dominato dall’intelligenza artificiale dove per le emozioni non c’è posto: non resta che purificare il subconscio delle esperienze passate con una sorta di lavaggio del Dna. «Quello immaginato per il 2044 è un mondo senza internet, smartphone, social media, un mondo dove non ci sono i colori – ha detto il regista – l’intelligenza artificiale è minaccia, se pensiamo ad esempio ad un utilizzo in politica, ma anche opportunità se viene applicata alla ricerca medica. Io sono ottimista, servirà tanto ma a patto che la si usi con cautela».
Un contrasto, opportunità o minaccia, che, prendendo spunto da una delle battaglie forti dei sindacati in Usa, è stato al centro anche di un convegno delle Giornate degli autori, promosso da Wgi (Writers Guild Italia), il sindacato italiano, con i 100 autori e l’Anac si è analizzato il nuovo pericolo al di là dei preconcetti. Non un convegno qualunque ma una vera e propria sfida dal vivo tra l’uomo e la macchina con un esperimento il cui esito fa piuttosto paura: l’Ai in meno di mezz’ora è stata in grado di creare un pitch (una presentazione di progetto) completo di sinossi, personaggi e ambienti, su un tema sollecitato dal pubblico.
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