E’ arrivato in Campidoglio il feretro di Paolo Taviani, il regista scomparso il 29 febbraio di cui si celebrano i funerali laici nella sala Protomoteca. Ad accogliere la bara i parenti tra cui i figli Ermanno e Valentina oltre al sindaco Roberto Gualtieri avvolto dalla fascia tricolore, a giornalisti, amici e colleghi.
Si apre sulle note di "Leonora addio" di Nicola Piovani, mentre sono schermo scorrono le immagini del regista sul set dei suoi figli insieme al fratello Vittorio e ai tanti attori che hanno lavorato con lui, la cerimonia laica in sala Protomoteca in Campidoglio per l’ultimo addio a Paolo Taviani, regista scomparso il 29 febbraio all’età di 92 anni. Vicino alla bara, sul lato sinistro, i parenti - i figli Ermanno Valentina e i vari nipoi - il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e l’assessore alla Cultura Miguel Gotor.
Amici, attori, colleghi e tanti ammiratori in sala Protomoteca in Campidoglio per l’ultimo addio a Paolo Taviani. Per salutare il regista, tra i tanti anche i registi Pupi Avati e Nanni Moretti. Quest’ultimo, visibilmente commosso, ha sempre detto di essere in debito con i fratelli Taviani per il suo cinema e ha scelto il nome del suo altre ego dei primi film, Michele Apicella, dedicandolo al film dei fratelli Taviani, "San Michele aveva un gallo".
Taviani: figlio, ultimo desiderio dire "Motore! Azione!"
«Papà ha lavorato fino all’ultimo alla preparazione del nuovo film, "Il canto delle meduse". Il suo ultimo desiderio fino all’ultimo era di poter dire solo due parole: 'Motore! Azione!"'. Lo dice Ermanno Taviani nell’ultimo intervento alla cerimonia laica del padre Paolo scomparso il 29 febbraio.
Bellocchio, fortunato a morire mentre lavorava
«Nel ricordare Paolo penso a un altro che se n'è andato della prima linea. Intendo 'prima lineà letteralmente perchè non ci sono altri davanti a noi che siamo i prossimi al congedo. Condivido con i parenti più stretti il mio dolore inferiore a loro e a tutti coloro che lo hanno amato e che gli sono stati vicini per amicizia». Lo dice Marco Bellocchio intervenendo alla cerimonia laica per Paolo Taviani in Campidoglio.
«Paolo è morto sul lavoro, non a causa del lavoro - aggiunge il regista - è morto lavorando: stava per iniziare il film tra poche settimane e sarà senza dubbio motivo di sofferenza per chi doveva partecipare, ma chiudere a 92 anni, in piena attività, è una conclusione che mi auguro di tutto cuore. Infine ricordo l’artista che ha fatto con Vittorio dei bellissimi film, dei capolavori - dice Bellocchio - combinando spesso poesia, storia e letteratura, una combinazione che ha dato i risultati più belli. La loro è una filmografia compatta, unica, riconoscibile in tutti i film. Partendo dalla grande storia, hanno raccontato un comunismo umano a cui avevano creduto, rivoluzioni quasi sempre sconfitte dalla vita; hanno saputo essere originali, fondendo i loro ricordi con la grande storia universale in quel rigoroso alternarsi dietro la macchina da presa che è stato per me sempre un mistero, senza mai voler esibire la loro bravura come fanno spesso i registi».
«Penso che vinceranno la prova del tempo, non per l’eternità a cui non credo, ma resteranno nel tempo più di tanti presunti geni che la moda prima ha consacrato e poi abbandonato - dice ancora - c'è un padre artistico, un maestro che li ha ispirati: è Roberto Rossellini che ha capito la loro originalità e li ha premiati a Cannes. Con quel film, 'Padre padronè, hanno conquistato anche il pubblico. Un successo che è un premio alla loro libertà e alla loro coerenza», conclude.
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