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Spregiudicato e senza gobba. Lo spirito "infinito" di Leopardi in mostra a Venezia

In anteprima fuori concorso la serie evento Rai diretta da Sergio Rubini. Il regista: «Abbiamo scoperto un pensatore multiforme e diverso da quello che avevamo studiato a scuola». Sul set, attorno a Giacomo, il volto e la passione di tre talenti del Sud

Un Leopardi diverso, lontano dallo stereotipo del poeta triste e solitario, ma vitale al punto da diventare esempio e fonte di identificazione per le nuove generazioni. È quanto è emerso ieri dalla conferenza stampa di “Leopardi – Il poeta dell’infinito”, la serie evento Rai diretta da Sergio Rubini, presentata in anteprima fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.

Titolo emblematico per le tante sfaccettature della personalità di Giacomo – come lo chiamavano tutti – con l’infinito come sguardo sul mondo. Quello sguardo che, come ha sottolineato la direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati, non è nichilista ma vitale: «Nichilismo e pessimismo in realtà sono l’anima vitale che Rubini è riuscito a tirar fuori – ha detto – perché Leopardi è il poeta del quotidiano che si scontra col quotidiano stesso. In questo senso è profondamente contemporaneo».

«Riscattare il personaggio dall’immagine del poeta consegnato al proprio dolore e alla propria solitudine» l’idea attrattiva del progetto secondo Beppe Caschetto, produttore della serie per IBC Movie. Un progetto ideato ben vent’anni fa e realizzato dopo un intenso lavoro di ricerca da parte del regista e dei co-sceneggiatori Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini. «Abbiamo scoperto un pensatore multiforme e spregiudicato, diverso da quanto avevamo studiato sui banchi di scuola – ha specificato il regista Rubini – ; incendiato dai patrioti, ha poi nutrito dei sospetti sul loro modo di fare politica. Perennemente tirato dalla giacchetta da chi avrebbe voluto farne un eroe del Risorgimento, o un nichilista, o un convertito in punto di morte, Leopardi è stato talmente innovativo da sfuggire a qualsiasi etichetta: era uno spirito libero, spregiudicato e perennemente giovane. Lo abbiamo rappresentato senza gobba per mettere in risalto la morfologia del pensiero più che della fisicità».

Il film narra infatti un uomo dal pensiero vivace, anche ironico («Nelle “Operette Morali” è un comico», dice Rubini), nonché esistenzialista ante litteram. «Interessato al vivere e per questo poeta esistenzialista, già nell’Ottocento parlava di noia, tedio, e di altre tematiche prettamente novecentesche». Una fiction che segue la formula innovativa del fare cinema anche attraverso la tv, strutturata più sul pensiero dell’uomo che sulla cronologia degli eventi, con il film cult “Amadeus” di Milos Forman come stella polare: «Mozart non ha mai incontrato Salieri – ricorda Rubini – eppure Forman e l’autore della pièce Peter Shaffer ebbero il coraggio di farli conoscere; e in quel film, più che la vita di Mozart, si racchiudeva tutto il “mozartismo” . Noi facciamo lo stesso col pensiero di Leopardi».

Inevitabile l’identificazione con un personaggio perennemente giovane per l’altrettanto giovane protagonista Leonardo Maltese, classe 1997: «Giacomo vive un conflitto col padre, come qualsiasi adolescente. Ha scritto “L’infinito” a vent’anni, e come ogni persona di quell’età vive il dolore come qualcosa di grande, che sa di infinito».

Danno volto ai genitori del poeta, Monaldo e Adelaide, gli attori Alessio Boni e Valentina Cervi. «Alda Merini diceva “Chi ama troppo i propri figli, spesso li sacrifica al proprio io”. Monaldo fa così col figlio – racconta Boni –. Leggendo una sua poesia riconosce in Giacomo un talento superiore al suo, e l’amore viscerale per il figlio si tinge di invidia e bigottismo, e di altre peculiarità che mi hanno attratto sempre più del personaggio». «Nello “Zibaldone” Leopardi descrive la madre come una donna incapace di empatia e compassione – dice Cervi – . Per tutte le riprese ho cercato di trovare un segno di fragilità in questa donna con manie di controllo, anaffettiva, pazza, totalmente schiava di una cristianità bigotta, tipica delle Marche di quel periodo; ed ho visto una donna prigioniera della sua stessa gabbia, provando per lei tenerezza e compassione». Nel cast anche Alessandro Preziosi. Co-prodotta da Rai Fiction e Rai Com, la serie andrà in onda il 16 e 17 dicembre su Rai1 in due prime serate.

Attorno a Giacomo il volto e la passione di tre talenti del Sud

Nella vita del grande poeta di Recanati, narrata dalla serie “Leopardi – Il poeta dell’infinito”, alcune figure emblematiche, parte di un’architettura registica perfetta, ma anche tasselli necessari per renderne la complessità della figura e il pensiero moderno ed innovativo. Fra queste, tre talenti del Sud, grandi professionisti con lavori di successo alle spalle. Reduce dalla fiction “Vanina – Un vicequestore a Catania”, l’attrice di Menfi (Agrigento), ex Miss Italia, Giusy Buscemi interpreta la nobildonna Fanny Targioni Tozzetti, ultimo e sofferto amore di Leopardi, che la associò ad Aspasia, moglie di Pericle, nel celebre ed omonimo poema da lui scritto nel 1834, il più autobiografico. «È stata consegnata alla storia come la donna che l’ha fatto soffrire prendendosi gioco di lui – ci dice Buscemi – In realtà nutriva un desiderio diverso dal suo, essendo innamorata di Antonio Ranieri, amico del poeta». Un personaggio tipicamente ottocentesco, ma anche molto contemporaneo. «Fanny è dolce e materna con le figlie, spregiudicata, appassionata di letteratura e malinconica. Una donna con tante e bellissime sfaccettature, più moderna che mai».

A dare volto ad Antonio Ranieri, l’amico fedele e devoto, Cristiano Caccamo, reggino di Taurianova. «È compagno degli ultimi sei anni della sua vita e non lo abbandona mai fino alla morte – racconta l’attore – . Antonio vive un rapporto d’amore fraterno con Giacomo, un sentimento struggente, che lo divide fra tradimento e passione: preso dall’amore per Fanny, ma ucciso dalla consapevolezza di tradire l’amico. La serie racconta questo sentimento in tutte le sue sfaccettature e Antonio rappresenta questa scissione».

Interprete amato da Marco Bellocchio, per cui è stato Giovanni Falcone ne “Il traditore” e Francesco Cossiga in “Esterno Notte”, il palermitano Fausto Russo Alesi interpreta lo scrittore Pietro Giordani. Una figura storicamente importante e complessa, che per Leopardi rappresenta una paternità positiva. «Giordani è quasi un secondo padre – ci dice –. Un padre buono nella misura in cui cerca di farlo uscire dall’ambiente e dal luogo chiuso e bigotto in cui vive, perché intuisce la sua genialità. In lui troviamo da un lato una devozione totale a questo talento, dall’altro una folgorazione, una forma di amore verso un giovane la cui prima formazione è molto simile alla sua, perché anche Giordani visse una vita conformista da cui si emancipò. Cerca quindi di passare tutto questo a Giacomo, che ha negli occhi e nel cuore una grande cultura, ma è bisognoso di fare esperienze di vita».

I tre interpreti sottolineano all’unisono il puntuale e raffinato lavoro del regista Sergio Rubini tanto sull’interpretazione attorale, quanto sul recupero della parlata ottocentesca. «La sceneggiatura è molto accessibile ma anche piena di tante parole leopardiane – aggiunge Alesi – Era quindi necessario restituire la bellezza delle parole, poi ritrovate nel copione. Il lavoro di Sergio è stato vibrante in ogni momento. Il suo essere anche attore lo rende un compagno di viaggio con una sensibilità meravigliosa».

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