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Sicilia fucina di talenti: il messinese Giuseppe De Domenico e il palermitano Francesco Leone protagonisti di due pellicole

Due generi completamente diversi che fanno emergere la bravura di entrambi

Due progetti diversi ma di alto profilo per altrettanti talenti siciliani alla Mostra del Cinema di Venezia: il messinese Giuseppe De Domenico e il palermitano Francesco Leone.
Già in “Euforia” e nella serie “ZeroZeroZero”, De Domenico interpreta un personaggio cardine in “Vermiglio”, opera seconda di Maura Delpero, secondo film italiano del concorso principale. La vicenda, ambientata nel ’39, ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale, racconta una grande famiglia del Trentino in cui arriva un soldato rifugiato che porterà scompiglio, nel momento stesso in cui il mondo ritrova la pace. L’attore messinese dà volto a Pietro Risi, marito di Lucia (Sara Serraiocco). «Porto la Sicilia e Messina – ci dice -. Pietro è un soldato siciliano, e in virtù del mio accento sono stato ricollocato in scrittura come originario di Galati Marina (Messina). Scappa dalla guerra in Europa, salva il suo compagno di sventura, Attilio (Santiago Fondevilla Sancet), e lo riporta a Vermiglio, il paese natio. Un personaggio, quello di Pietro, che, come rifugiato, racconta la guerra, la lontananza da casa, il pregiudizio e il cambiamento conseguente all’esperienza bellica: «Si ritrova in Trentino affamato, distrutto, provato, col compito drammaturgico di raccontare la guerra attraverso il suo sguardo cupo. Una volta che si innesta in questo paese la vita sembra riavvolgere il nastro; ma si trova sospeso, vulnerabile, in bilico fra la bellezza delle vette innevate e la paura dei pregiudizi». Il Sud non solo nella parlata di Pietro, ma tra le pieghe della trama, in quel “non detto” che parla più delle immagini, e il legame speciale che si instaurerà tra lui e Lucia sarà fondamentale per il risvolto decisivo della storia: «Io e Sara Serraiocco raccontiamo le origini, la famiglia del Sud, di Messina, che viene lasciata perché costretti a scappare dalla guerra. È quindi fondamentale perché, per quanto possa sembrare assente, è tutto quello che non viene visto ad avere un peso enorme nel film. Ci sono le “radici attese”, la speranza del ritorno del figlio dalla guerra».
Tutt’altro genere per Francesco Leone in “Katabasis”, storia dark dalle atmosfere misteriose di cui è protagonista con la regista Samantha Casella, alla sua opera seconda dopo l’acclamato esordio con “Santa Guerra”. Ieri la presentazione, con un estratto del film, prodotto da The Shadow Factory, in cui l’attore palermitano è Aron, un giovane orfano, la cui tutela è stata affidata a Jacob (Bruno Bilotta), un manager cinico che lo ha reso divo, costruendogli una vita privata di facciata. L’uomo ha una relazione segreta con Nora (Casella) e i due abitano in una villa maestosa teatro di segreti, bugie, inganni, in cui accadono fatti inquietanti ,perché sembra che Nora sia in grado di comunicare con le anime dell’aldilà. «È un ragazzo molto tormentato – ci dice l’attore - con una vita di abusi alle spalle, intrappolato tra la vita pubblica e quella segreta. Come attore, ho cercato di catturare questa dualità, lavorato molto sulla sua vulnerabilità e su questa ossessione che lo lega a Nora. Cerca un senso di appartenenza e questo lo rende incredibilmente umano e tragico». Ancora nessuna notizia sull’uscita in sala.

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