Ferragosto è in arrivo e sarà un altro ferragosto di lavoro per molti lavoratori del commercio. I sindacati premono per essere convocati dal governo, dopo l’impegno del vicepremier e ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, per una stretta sulle aperture festive dei negozi. E intanto continuano la lotta, con nuovi scioperi proclamati da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs in Toscana, Lazio e Puglia. «La nostra richiesta di avvio di un confronto è rimasta inascoltata e intanto ci si avvicina alla festività di Ferragosto, durante la quale molti lavoratori si ritroveranno a dover garantire la copertura di un ulteriore turno», attacca il segretario generale della Filcams, Maria Grazia Gabrielli. Mentre il segretario generale della Fisascat, Davide Guarini, rinnova l’invito a Di Maio a convocare i sindacati «per definire una soluzione condivisa per porre fine al disagio a cui sono esposti oltre 3 milioni e mezzo di lavoratori del commercio». Abrogare la deregolamentazione su orari e giorni di apertura dei negozi introdotta dal governo Monti nel 2011 è da tempo un obiettivo del M5S. La base di partenza, secondo quanto ha anticipato di recente il sottosegretario al Lavoro, Claudio Cominardi, è la proposta di legge originaria presentata nel 2013 da Michele Dell’Orco, oggi sottosegretario alle Infrastrutture. Il testo prevedrebbe dodici giorni festivi l’anno, di cui sei nei quali si lavora solo al 25% su uno specifico territorio. Le nuove norme non si applicherebbero nei comuni turistici, dove resterebbe la liberalizzazione completa.
La questione degli orari e dei giorni di apertura scalda gli animi in un settore provato dalla crisi dei consumi, dove le vendite sono quasi ferme (hanno segnato +0,1% nei primi sei mesi dell’anno) mentre i prezzi hanno ripreso ad aumentare. L’Istat ha appena diffuso i dati definitivi relativi al tasso di inflazione di luglio, che ha accelerato all’1,5% dall’1,3% del mese precedente sulla spinta dei rincari di gas ed elettricità. Aumenti dei prezzi superiori alla media hanno colpito soprattutto prodotti di largo consumo come il vino (+6,7%), la pasta (+4,3%), la frutta (+8,5%) e la verdura (+5%), appesantendo il cosiddetto carrello della spesa con i beni alimentari e per la cura della casa e della persona (+2,2%).
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