Siria, gli scenari si complicano. La stampa internazionale ha dato grande spazio al prossimo attacco che Bashar al-Assad e i suoi alleati dovrebbero far partire, molto presto, contro Idlib. L’ultima roccaforte degli estremisti islamici, una specie di fritto misto in cui si mischiano i rimasugli dell’Isis con i superstiti delle milizie fondamentaliste di matrice qaidista. La resa dei conti, però, potrebbe rivelarsi una catastrofe double-face: da un lato il prevedibile bagno di sangue sul campo di battaglia (in pratica la stessa città diventerà un mattatoio a cielo aperto), dall’altro la prevedibile emergenza umanitaria, che coinvolgerà migliaia di civili pronti a scappare verso la Turchia. Ma se allarghiamo il grandangolo e offriamo una veduta strategica, la vera contrapposizione vede da un lato Russia, Iran, e Turchia (oltre naturalmente alla Siria) e dall’altro lato il binomio Israele-Stati Uniti. Insomma, la partita è molto più grande di quello che sembra, e l’hot-spot di Idlib potrebbe essere solo la scusa per dare fuoco alle polveri in tutta la Siria. Le manovre diplomatiche dietro le quinte sono già cominciate con accuse e contraccuse. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto che “Usa e alleati si preparano a lanciare uno strike missilistico contro la Siria”. E siccome i russi non stanno mai a guardare, proprio sabato è cominciata, nel Mediterraneo, una grande manovra navale “di avvertimento” che vede coinvolti ben 25 tra navi e sottomarini nucleari della flotta di Mosca e una trentina di caccia e bombardieri a lungo raggio. Che qualcosa bolla in pentola è assodato e che gli obiettivi principali possano essere le unità iraniane e di Hezbollah di stanza in Siria è altrettanto matematico. Il Cremlino è stato prodigo di particolari. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha detto che la coalizione Usa dispone di numerose forze pronte ad attaccare il blocco sciita, tra cui ben 380 missili da crociera che potrebbero essere lanciati anche dai cacciatorpedinieri dislocati al largo della costa siriana. Le autorità di Mosca hanno detto che francesi e inglesi sostengono gli americani e sarebbero già state messe in stato di allerta diverse basi in Giordania, Kuwait e Creta. I russi, però, in questa fase non hanno menzionato Israele. Tra le altre cose, Lavrov, ha accusato Trump di avere organizzato un “falso attacco chimico”, caso che dovrebbe scoppiare proprio durante la battaglia di Idlib. Secondo Mosca si tratterebbe solo di una scusa, per giustificare un attacco missilistico, che non rimarrebbe certo senza risposta. Si è fatto sentire pure Netanyahu, il quale ha affermato che Israele non consentirà mai agli iraniani di creare grandi basi militari in Siria, a ridosso dei confini dello Stato ebraico. Molti analisti ritengono che sia stata una risposta al vertice promosso dagli ayatollah con Assad a Damasco, in cui è stata siglata una nuova intesa militare. Dietro le quinte, comunque, si può assistere a un sempre più pericoloso braccio di ferro tra Mosca e Washington sul futuro della Siria e, soprattutto, sul ruolo regionale che dovrà avere Teheran. A cominciare dal patto sul nucleare. La verità è che dopo la visita in Israele del National Security Adviser della Casa Bianca, John Bolton, la situazione è diventata più confusa. Non si sa quali siano le garanzie che Trump ha offerto a Netanyahu, ma è certo che Vladimir Putin si è schierato apertamente con gli ayatollah e sottobanco continua a sostenere l’agguerrita presenza sciita in Siria. Mentre c’è il grido d’allarme lanciato dai servizi segreti di Gerusalemme al loro primo ministro. Attenzione, gli hanno detto Mossad e Shin-Bet, perché nella prossima visita del 7 settembre a Teheran Putin potrebbe fare qualche annuncio che suonerebbe come un ultimatum. E proprio secondo gli 007 israeliani, il Cremlino avrebbe garantito agli ayatollah “un’adeguata copertura aerea per le loro installazioni in Siria”. Un altro “rumor” riguarda l’eventuale contrattacco siro-iraniano a un possibile strike di Israele sostenuto dalla coalizione. Pare che il comandante delle brigate sciite Al Qods, generale Qassam Soleimani, abbia ricevuto l’incarico dagli alti comandi iraniani di scatenare una rappresaglia contro le forze americane stanziate a est dell’Eufrate e, addirittura, contro gli israeliani sul Golan. Sarebbe una rovinosa escalation dalle conseguenze imprevedibili.
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