Una trattativa estenuante, di otto ore, per arrivare al rilascio degli ostaggi tenuti sotto la minaccia di un coltello nell’ufficio postale di Pieve Modolena, frazione nella prima periferia di Reggio Emilia.
Il sequestratore, Francesco Amato, 55 anni, condannato pochi giorni fa in primo grado a 19 anni per associazione mafiosa nel maxi-processo di 'Ndrangheta 'Aemilia', alla fine si è consegnato spontaneamente ai carabinieri, che hanno fatto leva per tutto il tempo sulla sua fede religiosa. I quattro ostaggi, liberati nel pomeriggio, sono tutti incolumi. Il quinto, una cassiera di 54 anni si era sentita male ed era stata fatta uscire verso mezzogiorno.
«Ha aperto la porta lui, ha fatto uscire gli ostaggi e si è consegnato», ha confermato il comandante dei carabinieri di Reggio Emilia, il colonnello Cristiano Desideri. «Il tempo, la pazienza e il dialogo coi negoziatori, gli hanno fatto capire che non avrebbe potuto ottenere quello che chiedeva», ha aggiunto. Sulla via Emilia si sono vissuti momenti di grande paura e sono stati chiamati anche nuclei specializzati dei carabinieri, i Gis di Livorno.
Amato, nato a Rosarno e irreperibile dal giorno della sentenza, era entrato come un normale cliente, poi ha estratto un coltello da cucina con una lama di 35 centimetri e si è messo a urlare: «Sono quello condannato a 19 anni in Aemilia, uscite o vi ammazzo tutti».
Una quindicina di clienti sono corsi fuori, mentre lui è rimasto asserragliato dentro l’ufficio con cinque dipendenti, tra i quali la direttrice. Ha chiesto, a più riprese, di poter parlare con il ministro Salvini, per poter denunciare la sentenza ingiusta nei suoi confronti. Per la Dda, e per i giudici che hanno emesso la sentenza, è un esponente di spicco dell’associazione 'ndranghetistica emiliana, gruppo legato alla Cosca Grande Aracri di Cutro, ma autonoma e organizzata.
Assieme al fratello Alfredo, Francesco, sarebbe un 'braccio operativo' dell’organizzazione. Volto conosciuto alle forze dell’ordine reggiane, essendo già stato arrestato nel 2003 all’interno dell’operazione Edipiovra, in cui era stata smantellata un’organizzazione dedita alle estorsioni nei confronti di imprese edili gestite da calabresi in Emilia. Tra le sue ossessioni, da anni, c'era poi il radicamento islamico all’interno delle carceri italiane. E anche durante il sequestro ha chiesto ai carabinieri che trattavano con lui di poter parlare con il ministro dell’Interno per denunciare anche questa situazione.
Alla fine si è «lentamente convinto che l’unica soluzione era consegnarsi», ha spiegato sempre il comandante dei carabinieri di Reggio Emilia, che hanno ricevuto i complimenti dal sindaco Luca Vecchi, dal presidente della Regione Stefano Bonaccini e del ministro della Difesa, Elisabetta Trenta: «Lo Stato è sempre in prima linea a tutela della legalità e per garantire l’incolumità dei cittadini. Basta 'ndrangheta, basta mafia!», ha detto. «Una volta in più ringrazio la straordinaria professionalità delle nostre Forze dell’ordine, che si confermano tra le migliori al mondo», ha aggiunto il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini.
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