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Sea Watch 3, Salvini: "A rischio le vite delle persone a bordo, ho le prove". Blitz di politici sulla nave

La nave Sea Watch 3

La Sea Watch 3, con a bordo i 47 migranti salvati a bordo della Libia, all’arrivo della forte tempesta che si è abbattuta sul Mediterraneo centrale il 19 gennaio scorso, ha scelto di far rotta sull'Italia, anzichè verso le più vicine coste tunisine, esponendosi così al rischio di un naufragio. Sarebbe questo, a quanto si apprende, uno degli elementi di prova che il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha annunciato di voler portare all’attenzione dell’autorità
giudiziaria.

Salvini ha parlato di «elementi concreti» per affermare che, «mettendo a rischio la vita delle persone a bordo, il comandante e l’equipaggio della Sea Watch 3 abbiano disubbidito a precise indicazioni che giorni fa li invitavano a sbarcare nel porto più vicino (non in Italia!)». Le indicazioni sarebbero partite il 19 dal Centro di coordinamento marittimo olandese che ha contattato la nave, battente bandiera dell’Olanda: visto il temporale in arrivo, l’imbarcazione è stata invitata a dirigersi verso la Tunisia, la costa più vicina dove trovare riparo.

La nave, però, ha puntato il timone a Nord in direzione dell’Italia, in quel momento più lontana. Una scelta che, a parere del ministro, avrebbe messo a rischio la vita delle persone a bordo. Peraltro, i tracciati in mano alle autorità italiane indicherebbero che altre navi, mercantili e pescherecci, quel giorno nelle vicinanze della Sea Watch, hanno fatto rotta sulla Tunisia. La nave umanitaria, che ha operato il soccorso il 19 gennaio nei confronti di un gommone in difficoltà ad una quarantina di miglia dalle coste di Zuwarah, in acque Sar (Ricerca e soccorso) libiche, sostiene che la scelta di andare verso l’Italia sia stata determinata proprio per trovare scampo dal «ciclone mediterraneo con onde alte fino a 7 metri».

La ong sottolinea che, fin dal 19 gennaio, ha provveduto ad «informare regolarmente» le autorità libiche, italiane, maltesi e olandesi del salvataggio fatto, ma nessuno ha voluto assumere il coordinamento dell’intervento. La Guardia costiera italiana, da parte sua, ha segnalato a Sea Watch 3 che «l'autorità coordinatrice dell’evento» era quella libica. Ma la ong tedesca ha spiegato che a Tripoli non ha risposto nessuno. La nave è così rimasta nel Mediterraneo fino al 24, giorno della tempesta che l’ha fatta arrivare in Sicilia. A parere di Salvini disattendendo le indicazioni partite dal suo Stato di bandiera, l'Olanda.

Ma a far discutere nelle ultime ore è la scelta del segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni e dei parlamentari Stefania Prestigiacomo (Fi) e Riccardo Magi (+Europa) di salire sulla Sea Watch. Azione legittima o violazione dell’articolo 650 del codice penale per «inosservanza dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica e ordine pubblico o d’igiene», reato punito con un’ammenda di 206 euro?

Salvini ha detto che «non hanno rispettato le leggi italiane e favoriscono l’immigrazione clandestina». Magi, replica che «illegale è impedire l'ispezione. Abbiamo esercitato le prerogative parlamentari costituzionalmente protette volendo svolgere ispezioni in un luogo da giorni nel limbo del diritto e dell’umanità. Se avessero voluto fermarci lo avrebbero potuto fare», dice. Gli esperti di diritto internazionale, guardando alla vicenda da una prospettiva più ampia, sposano la seconda tesi.

«Non c'è nessun concorso in un eventuale reato, per altro non provato. Se il ministro Salvini ha elementi che indicano che la ong ha violato le norme sul contrasto all’immigrazione clandestina, li denunci alla procura di Siracusa. E anche se emergessero, non c'è alcun concorso da parte dei parlamentari, i quali sono saliti a bordo solo per verificare le condizioni dei migranti», osserva Pasquale De Sena, docente alla Cattolica di Milano.

«In questo momento - sottolinea Cesare Pitea, professore all’Università di Milano - sulla Sea Watch sussiste per i migranti una restrizione della libertà personale e questo autorizza i parlamentari a salire a bordo. La giurisprudenza costante della Corte europea dei diritti dell’Uomo, che è parte del nostro ordinamento, va in questa direzione. C'è poi il recente atto del Tribunale dei ministri di Catania che ha chiesto l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini per il caso Diciotti: quella era una nave militare e i giudici hanno ritenuto che astrattamente esistano gli elementi per configurare il sequestro di persona. Sea Watch è una nave civile, ma è stata colpita da un ordine della Capitaneria di porto che la obbliga a mantenere la posizione in rada. Quindi le due situazioni sono similari».

Un altro aspetto è quello dell’emergenza sanitaria: «Dal rapporto di Sea Watch - dice il giurista - non emerge che sia in atto un’epidemia, ma che le condizioni materiali, la costrizione in spazi angusti di molte persone esposte precedentemente a traumi fisici e psichici, le condizioni meteo possono generare un rischio: l’accento va posto sulla prevenzione. E nel rispetto del diritti umani, va autorizzato lo sbarco e data prima accoglienza: non basta mandare coperte e aspirine. Siamo in acque territoriali italiane e i migranti, quindi, sono sotto la giurisdizione italiana. Il fatto che la nave batta bandiera olandese può comportare certamente un obbligo da parte di quel paese, ma non esenta l’Italia dai propri. L’eventuale braccio di ferro con l’Olanda va rimandato».

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