«Io voglio il tuo perdono, dammi l'Iban, per farti un regalo». Desta scandalo e finisce nel fascicolo del pm l’audio di una telefonata avvenuta nel 2016 tra un prete del Salento e la presunta vittima di abusi sessuali che sarebbero stati consumati all’incirca 30 anni fa. L’uomo che li avrebbe subiti ha denunciato tutto, con il supporto di una associazione. Vive ora in Germania dove si è rifatto una vita, cercando di buttarsi alle spalle le vicende che mai prima d’ora era riuscito a raccontare. Ha moglie e figli e un lavoro. I suoi parenti vivono tuttora in Puglia. Ha utilizzato anche Facebook per raccontare la propria storia e per invitare anche altri, chiunque possa averne vissuta una simile, a farsi avanti e parlare con i magistrati. «Mi ha rubato l’infanzia, mi ha rovinato la gioventù, mi ha distrutto la vita. Se l’avete conosciuto anche voi così, fatevi sentire», ha scritto. Il caso è assurto agli onori delle cronache nel giugno scorso. Alla querela del 40enne, si sono poi aggiunte anche altre sei segnalazioni, tutte al vaglio del pm Stefania Mininni. Considerata però la quantità di tempo trascorso dai fatti, l'inchiesta giudiziaria potrebbe subire gli effetti della prescrizione del reato di violenza sessuale su minori che è stato ipotizzato dagli inquirenti. I nuovi elementi sono comunque al vaglio della procura di Lecce, considerato tra l'altro che l’audio riporta quella che appare una ammissione dei fatti avvenuti alcuni lustri fa, in un piccolo Comune del Leccese che non è lo stesso in cui il sacerdote ha prestato la sua opera di recente. La diocesi di Lecce ha preso le distanze da qualsiasi forma di connivenza. In una nota inviata alla stampa dopo la diffusione della telefonata sul web l’arcivescovo, che era stato citato dal prete durante la chiamata, ha precisato di aver assunto tutti i provvedimenti del caso nei confronti del sacerdote e di essere completamente estraneo a qualsiasi coinvolgimento nella vicenda. L’arcivescovo Michele Seccia ha specificato di essere stato informato del caso all’indomani del suo insediamento a Lecce, avvenuto nel dicembre 2017 e di aver agito di conseguenza. «Insinuare il sospetto - ha aggiunto - che l’arcivescovo, venuto a conoscenza delle circostanze riferite nella telefonata, abbia anche solo tentato di coprire eventuali abusi, costituisce una grave distorsione della realtà». A seguito degli sviluppi più recenti, viene comunicato, le misure già adottate sono state rese «ancor più rigide e perentorie». Il prete era stato sospeso a divinis. Ora è stato trasferito in un convento.