Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e mancato rispetto dell’ordine di arrestare l'imbarcazione da parte di una nave da guerra: sono i due reati per i quali Luca Casarini, l’ex storico leader dei Disobbedienti e capo missione della Ong «Mediterranea Saving Humans», è indagato dalla procura di Agrigento che conduce l’inchiesta sulla nave Mare Jonio, avvicinatasi alla costa di Lampedusa - dove poi sono stati fatti sbarcare i migranti che aveva soccorso - nonostante un iniziale divieto della guardia di finanza.
«Sono tranquillo, non ho violato alcuna legge», dice lui. Per concorso negli stessi reati era già stato iscritto nel registro degli indagati Pietro Marrone, che ha risposto alle domande dei magistrati ricostruendo le fasi del soccorso, mentre Casarini è stato oggi ascoltato per oltre sette ore, ma solo in qualità di testimone, presso la brigata della guardia di finanza di Lampedusa.
Durante la deposizione-fiume - davanti al procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, e al pubblico ministero Cecilia Baravelli - Casarini ha però reso dichiarazioni indizianti per se stesso e, come prevede il codice, l’esame è stato interrotto. Il capo missione di Mediterranea è stato già convocato per la prossima settimana in procura, a Agrigento, dove verrà ascoltato in qualità di indagato, alla presenza dei suoi avvocati.
E sempre come prevede il codice avrà possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere. «Io non ho violato alcuna legge e ho rispettato tutte le convenzioni internazionali. C'è qualcuno che invece sta violando le leggi sulla base di un mandato a tempo», dice Casarini. «Vediamo se è più criminale chi salva vite e le porta in un porto sicuro o chi le respinge e le costringe ad andare nei campi di concentramento in Libia o a morire in mare».
Questa indagine, dice ancora il capo missione della Mare Jonio, «è una grande occasione per poter finalmente affrontare in una sede giudiziaria, senza ideologie e senza propaganda, il grande tema del salvataggio delle vite in mare che è superiore di fronte a qualsiasi decreto».
«Produrremo qualsiasi elemento utile a far chiarezza, perché la Libia non ha una zona Sar e perché la Libia non è un porto sicuro. È un paese - conclude Casarini - dove migliaia di persone sono detenute nei campi di concentramento e sottoposte a torture».
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