La Corte d’appello di Brescia ha confermato in gran parte le condanne per associazione mafiosa pronunciate, a vario titolo, in primo grado per le infiltrazioni della 'ndrangheta nel tessuto economico mantovano. Le pene in primo grado per dieci imputati avevano superato i 120 anni. In appello gli anni complessivi sono 89. Condannati: Deanna Bignardi (5 anni e quattro mesi), Nicolino Grande Aracri (20 anni e otto mesi dopo che in primo grado ne aveva incassati 26), Giuseppe Loprete (19 anni), Giacomo Marchio (2 anni), Salvatore Muto (16anni e sei mesi), Antonio Rocca (dai 26 anni e dieci mesi del primo grado a 17 anni e otto mesi) Salvatore Rocca (Un anno e quattro mesi), Danilo Silipo (tre anni) e Ennio Silipo (tre anni). Assolto Alfonso Bonaccio che in primo grado era stato condannato a dieci anni. Secondo l’accusa il gruppo «ha costituito, e contribuito a radicare, sviluppare ed efficacemente agevolare, nel territorio delle province di Mantova e di Cremona, un’associazione per delinquere di stampo mafioso, che, rimanendo attiva quantomeno fino al novembre 2015, ha progressivamente operato grazie alla capacità intimidatoria propria del sodalizio al fine di imporre il perseguimento dei suoi fini, consistenti da un lato nell’assumere e mantenere il controllo di interi settori dell’imprenditoria locale, con specifico riferimento al comparto dell’edilizia e dall’altro ad esercitare una sempre più pervasiva penetrazione nelle istituzioni locali mirando ad assumerne il controllo» è scritto negli atti processuali. Parti civili nel processo si sono costituiti l’associazione Libera e Matteo Franzoni, imprenditore che aveva denunciato per primo le infiltrazioni della 'ndrangheta.