Orazio Pino per tutti era un orefice ma nel suo passato c'era la militanza nella cosca di Nitto Santapaola, boss mafioso catanese, considerato uno dei più potenti capi di Cosa Nostra, e poi la scelta di collaborare con la giustizia. Il corpo del 70enne, privo di vita, è stato rinvenuto fuori dall'auto nel parcheggio di un supermercato del centro di Chiavari. L'uomo secondo le prime informazioni è stato ucciso con un colpo di pistola di piccolo calibro alla nuca. Secondo quanto accertato dagli uomini della squadra mobile di Genova, agli ordini del primo dirigente Marco Calì, Pino è stato colpito a una distanza di 5-6 metri, mentre stava raggiungendo la propria macchina. La vettura era ancora chiusa. Gli agenti del commissariato di Chiavari, intervenuti per primi sul posto, hanno trovato il marsupio dell'anziano con ancora i soldi. Non si esclude alcuna ipotesi, dall'esecuzione al tentativo di rapina finito male. Gli investigatori stanno acquisendo le immagini delle telecamere di sorveglianza del supermercato ma anche quelle lungo la strada che dal negozio porta al parcheggio per vedere se qualcuno lo abbia seguito. Gli investigatori avrebbero individuato alcuni testimoni che però non avrebbero indicato elementi significativi. Orazio Pino era uno dei più importanti collaboratori di giustizia che aveva ricostruito le fasi più sanguinose della guerra di mafia a Catania negli anni Novanta. Lui stesso si era accusato di essere l'autore di decine di agguati. Il suo profilo criminale è descritto negli atti giudiziari come quello di un personaggio di spicco della famiglia mafiosa di Giuseppe Pulvirenti detto "u Malpassotu". All'ombra del boss aveva ricoperto il ruolo di capo della "squadra" di Misterbianco (Catania) in aperta contrapposizione con la cosca di Mario Nicotra. Orazio Pino, come il "Malpassotu", era ritenuto vicino al clan di Nitto Santapaola nel quale avrebbe organizzato anche epurazioni interne. Dopo varie condanne, due settimane fa aveva chiuso i conti con la giustizia. Per sua scelta, nel 2009 era anche uscito dal programma di protezione: aveva concordato una "liquidazione" economica che aveva investito nella sua attività commerciale. Con la società "Isola preziosa" gestiva una gioielleria con alcuni punti vendita. Socie di "Isola preziosa" erano la moglie di Pino e le due figlie. L'ex collaboratore era componente del consiglio di amministrazione e per questo la società era stata oggetto nel 2016 di una interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Genova. Il provvedimento era stato poi confermato dal Tar al quale Pino aveva fatto ricorso dopo essersi dimesso dalla società. Ma la sua uscita, scrivono i giudici del Tar, "è da considerarsi un mero tentativo di salvare la società dalla censura antimafia" e quindi "permane il pericolo di tentativi di infiltrazioni mafiose nella società, proprio in ragione della sua presenza".