Governo sull'orlo della rottura per la questione migranti, ad una settimana dalle Europee. Matteo Salvini parte all’attacco del premier Giuseppe Conte sulla vicenda della Sea Watch, la nave della Ong tedesca bloccata a 15 miglia da Lampedusa dopo aver soccorso 65 persone e ribadisce il suo no a qualsiasi apertura dei porti: «non c'è presidente del Consiglio o ministro Cinquestelle che tenga, in Italia i trafficanti di esseri umani non arrivano più».
Immediata la replica dell’altro vicepremier Luigi di Maio: «la sua arroganza ricorda quella di Renzi, di uomini soli al comando ne abbiamo già avuti e non ne sentiamo la mancanza». Poi il rilancio del presidente del Consiglio che mette i suoi paletti tramite fonti di palazzo Chigi: «Conte non partecipa alla competizione elettorale e non si lascia certo coinvolgere nella dialettica che la sta caratterizzando. Piuttosto invita tutti i ministri a mantenere toni adatti a chi rappresenta le istituzioni. Il Presidente del Consiglio non dà e non ha mai dato ordini. Come previsto dall’art. 95 della Carta dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Coordina l’attività di tutti i ministri, nessuno escluso».
La rabbia di Salvini esplode tra un appuntamento elettorale e l'altro a Milano, ma la nave sembra solo il pretesto che nasconde il vero motivo che rischia di far cadere il governo: lo scontro sul decreto sicurezza bis con il quale il titolare del Viminale punta da un lato a stroncare il lavoro delle Ong in mare, con sanzioni impossibili da sostenere, e dall’altro a modificare il codice della navigazione spogliando il ministero delle infrastrutture delle competenze in materia di «transito e sosta» delle navi nelle acque territoriali. Dal Viminale dicono che «i compiti a casa sono stati fatti» e il testo è inattaccabile dal punto di vista tecnico e normativo, dunque può andare in Consiglio dei ministri lunedì.
Ma sono le stesse fonti ad ammettere che il problema è tutto e solo «politico», con i cinquestelle che, appoggiati dal premier, stanno cercando di fare di tutto per rinviare l’esame a dopo le elezioni. Già di prima mattina Salvini mette le cose in chiaro sulla Sea Watch, prendendosela anche con i magistrati: «se vogliono indagarmi facciano pure». «Erano prima in acque libiche e poi in acque maltesi, ma mettendo a rischio la vita degli immigrati a bordo vogliono a tutti i costi arrivare in Italia. Questi non sono soccorritori ma scafisti e come tali verranno trattati».
Alla Guardia di Finanza e alla Guardia Costiera viene dunque ribadita la stessa indicazione, prima ancora che la procura di Agrigento apra un fascicolo ipotizzando il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a carico di ignoti: la Sea Watch non deve entrare nelle acque territoriali italiane e deve far rotta per la Tunisia. Il ministro autorizza però lo sbarco di 18 soggetti «vulnerabili»: 7 bambini, altrettante madri, 3 padri e un migrante con gravi problemi di salute. Una mossa che va letta nell’ottica di non lasciare all’alleato-avversario alcun pretesto per bloccare il decreto. Che però per il momento resta sospeso visto che è lo stesso Conte a dire che il Cdm «non è stato ancora fissato».
Ma il premier aggiunge anche che, sul tema dei migranti, l’Italia «ha sempre rispettato i diritti fondamentali delle persone e non ha mai consentito che morisse nessuno per nostra iniziativa». Parole che suonano come un’apertura al possibile sbarco e che innescano l’attacco di Salvini. Al quale replicano prima fonti di governo dei 5S, parlando di «imbarazzante schizofrenia politica» visto che per il caso Diciotti al ministro «andava benissimo la gestione collegiale del Governo» e ora invece «sostiene che nessuno deve dargli ordini».
E poi di Maio, con parole ancora più dure. «Il presidente del Consiglio ha tutto il sostegno mio e del governo - dice il vicepremier - non posso commentare la prepotenza e l’arroganza di questo tipo, che ricorda Renzi quando gli chiedevano di far dimettere la Boschi. Una prepotenza che aumenta quando la Lega è in difficoltà con gli scandali di corruzione». Ma il leader dei cinquestelle non si ferma qui. «Per la legge dei grandi numeri, se tutti pensano una cosa e c'è un singolo contrario, forse ha torto il singolo. Di uomini soli al comando ne abbiamo già avuti in Italia e non ne sentiamo certo la mancanza».
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