Gli atti di Borsellino diventano pubblici: "Scorta solo la mattina per essere ucciso la sera"
«Non vedo che senso ha perdere la libertà la mattina per essere libero di essere ucciso la sera». E' un Paolo Borsellino stanco, preoccupato ma al tempo stesso forte e battagliero quello che viene ascoltato dalla Commissione parlamentare antimafia nel maggio 1984 e che con parole semplici racconta a deputati e senatori di allora quanto sia diventato difficile lavorare ad alcuni processi senza computer, con scarso personale negli uffici giudiziari e scorte che proteggono di giorno ma poi sono insufficienti la sera, per cui lui stesso prende la propria auto il pomeriggio per tornare in tribunale e rientra a casa da solo e senza alcuna protezione verso le 22 ogni sera. «Con la gestione di alcuni processi che hanno una mole incredibile di lavoro - spiega il magistrato, all’epoca giudice istruttore a Palermo - è diventato indispensabile l’uso di attrezzature più moderne, come i computer ... quanto al personale - prosegue - non si tratta solo di dattilografi e segretari di cui avremmo bisogno di aver garantita la presenza per tutta la giornata, non solo per la mattinata; ma mi riferisco anche agli autisti giudiziari: la mattina con strombazzamento di sirene la gran parte di noi viene accompagnata in ufficio dalle scorte ma il pomeriggio c'è una sola macchina blindata e io sistematicamente vado in ufficio con la mia auto per poi tornare a casa verso le 21-22». Il video è ascoltabile perché oggi, con un atto senza precedenti, la Commissione parlamentare Antimafia, con una decisione unanime, ha deciso di declassificare tutti gli atti secretati dalle inchieste parlamentari dal 1963 al 2001. Oltre ad avviare la pubblicazione dei documenti desecretati, l'Antimafia ha anche realizzato un nuovo portale per potervi accedere in modo semplice (antimafia.parlamento.it). "E' un segnale di democrazia», ha sottolineato il presidente Nicola Morra presentando l’iniziativa in Senato. «E' un giorno straordinario, è il giorno della luce, avete desecretato dal 2001 ad andare indietro, ovvero la parte a cavallo delle stragi, può essere utile per fare finalmente chiarezza, è questo un lavoro incredibile per la nostra democrazia, dare finalmente luce e pulizia ai pilastri del nostro Stato», ha esultato il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho. Resoconti, materiale audio, dossier, archivi e oltre 1600 documenti vengono dunque resi disponibili. «E' la più grande operazione di trasparenza mai fatta con la rimozione del segreto funzionale per le sedute di qualunque seduta collegiale», ha sottolineato Angela Salafia, che coordina il comitato sul regime degli atti in Antimafia. Intanto oggi il fratello di Borsellino, Salvatore, ha scritto a Morra chiedendo che «quella Agenda Rossa che è stata sottratta da mani di funzionari di uno stato deviato e che giace negli archivi grondanti sangue di qualche inaccessibile palazzo di Stato e non certo nel covo di criminali mafiosi, venga restituita alla Memoria collettiva, alla Verità e la Giustizia». La commemorazione della strage di via D’Amelio, a 27 anni dal 19 luglio '92, segna quest’anno il passaggio del testimone per chiedere verità e giustizia dai fratelli del giudice Paolo Borsellino, Rita e Salvatore, ai nipoti: sono loro, Chiara e Valentina Corrao e Nicola e Adele Di Cola, infatti, che hanno preso parte all’organizzazione delle manifestazioni, per non dimenticare la morte del magistrato, presentate nella «Casa di Paolo» in via della Vetriera a Palermo.