La cattedrale piena di gente per il saluto al presidente della Ses, Gianni Morgante. Ed è stato come rivedere la sua intensa vita. Una vita “raccontata” da presenze silenziose, tra le navate - tanta la commozione -, poi dalle parole di chi ha avuto la fortuna di vivergli accanto, conoscerlo, di lavorarci fianco a fianco ogni giorno, di “sentirlo” vicino. Come dimenticare la sua vigorosa e “contagiosa” stretta di mano? Sono arrivati in tanti, al Duomo, ieri pomeriggio, per l'omaggio a un uomo che ha dedicato la sua vita alla “notizia”, da trovare, scrivere e “donare” attraverso quello che è stato il suo grande amore, secondo soltanto a quello per la famiglia: la “Gazzetta del Sud”. Amore che ha manifestato sempre e ovunque. Nel suo studio, al primo piano di “Gazzetta”, in via Uberto Bonino, strada dedicata al lungimirante fondatore del giornale. Amore mostrato in redazione. In tipografia. In rotativa. Senza mai risparmiarsi. Ieri al Duomo, per esprimere la loro vicinanza ai familiari di Gianni Morgante - in prima fila la vedova, la signora Maria Barrile, adorata compagna di una vita, gli amatissimi figli Lino, amministratore delegato e direttore editoriale di Ses, erede di una missione che non è solo imprenditoriale, Katia e Maurizio, la nuora Flora, le sorelle Silvia e Amalia con il marito Enzo Zimbalatti, e poi gli adorati nipoti Maria Sofia, Giovanni, Cristiano, Alessandro, Emanuela, Michael -, personalità istituzionali e militari. Presenti il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci (si è voluto sedere non in prima fila ma accanto al nipote del presidente della Ses, nipote che ne porta il nome, Giovanni Morgante), il sindaco di Messina Cateno De Luca, parlamentari nazionali e regionali, numerosi sindaci, rappresentanti delle forze dell'ordine dei centri calabresi e siciliani. Il vescovo ausiliare Cesare Di Pietro, che ha officiato la cerimonia, nel corso della sua omelia, ha ricordato Gianni Morgante, una persona straordinaria «che ha illustrato grandemente la nostra città e l'intero territorio calabro-siculo, affratellandolo in un unico contesto territoriale, socio-economico e culturale. Anzitutto colpiva per la sua carica umana - ha detto mons. Di Pietro -, per il suo profondo equilibrio, che è la virtù di chi sa affidare al Signore la propria capacità di azione». Il vescovo ausiliare ha poi sottolineato il concetto di “editore puro”: «E mi piace riferire questa purezza non solo all'aspetto imprenditoriale ma anche alla profonda tensione morale che era in Gianni Morgante, e sempre lo animò e infiammò». Del «carissimo cugino Gianni» ha poi parlato don Luigi Cannizzo, sacerdote che opera da tanti anni in Calabria e familiare affettuoso del presidente della Ses. «Era sempre pronto ad ascoltare le esigenze di tutti - ha sottolineato don Cannizzo -, ora rimane a tutti noi la sua grande lezione di vita». Ricordi sì, ma pure consapevolezza dell'eredità raccolta dal figlio Lino e dal management. E doloroso, commosso, intenso, è stato l'intervento di Margherita Leto, membro del Cda della Fondazione Bonino Pulejo: «Quando arriva il giorno del commiato, da familiare, da amico, da collega, non si è mai pronti, il dolore è forte. I ricordi sul presidente Morgante riaffiorano, e la forza per dire poche parole a un grande uomo, si trova proprio lì, in fondo al cuore». Margherita Leto ha poi tra l'altro ricordato Nino Calarco, per tanti anni direttore di “Gazzetta”. E tornando a parlare dell'impronta fondamentale del presidente Morgante, ha sottolineato come «la bravura, il talento, la capacità, non stavano solo in un'ottima propensione al management, ma soprattutto nelle sue spiccate doti umane. La sua grande qualità: saper coniugare professionalità e umanità». E non è stato affatto scontato ripercorrere - per chi non li conosceva, ieri, in quella chiesa gremita -, i suoi “orari” di lavoro. Un'intera esistenza dipanata intensamente tra la mattina, il pomeriggio, e la sera, sempre tra le “colonne” non soltanto redazionali ma “umane” del giornale. Infine le parole del direttore della “Gazzetta” Alessandro Notarstefano, che hanno contribuito a delineare ancora di più il rapporto che legava Gianni Morgante al giornalismo e a “Gazzetta del Sud”. La sua “cifra” fondamentale - ha detto Notarstefano - è stata «la misura», la capacità di Gianni Morgante d'affrontare le cose sempre con equilibrio. Questa capacità - condivisa col suo alter ego Nino Calarco - di vedere l'oggi ma anche di vedere nel tempo la dispensava a chiunque avesse intorno: certamente alla famiglia, certamente alle persone che lavoravano al suo fianco in azienda, ma anche a chi, lontano dal suo mondo, gli si avvicinava per un confronto, per un suggerimento. Ecco, la gente che è affluita domenica alla camera ardente allestita nel nostro stabilimento di via Bonino, raccontava degli «incontri con Gianni». Qualcuno ha detto «un riflesso, uno specchio che migliorava ogni immagine, perché era un uomo che trasmetteva tranquillità, c'erano rigore e fermezza». Ma anche, capitava, tenerezza. «Equilibrio ma anche umiltà, in Gianni Morgante - ha detto poi Notarstefano -: succede a chiunque, anche in posti di grande responsabilità, di ricredersi su una scelta, anche dopo averla difesa con convinzione. Ebbene, non esitava ad ammettere d'aver sbagliato. Forse la più grande delle doti». Questo il testamento che ci lascia: rimanere fedeli ai nostri valori, contribuendo noi a (ri)creare, da giornalisti, lo spirito del tempo. Con perseveranza, equilibrio, umiltà, sempre consapevoli del nostro ruolo.