Lunedì 25 Novembre 2024

Pestaggi nel carcere di San Gimignano, 15 agenti indagati per tortura

Il caso più clamoroso, quello di un detenuto picchiato con pugni e calci in un corridoio e poi lasciato svenuto in una cella. Ma non si tratterebbe di un episodio isolato. Nel carcere di San Gimignano sarebbero avvenute anche altre violenze e soprusi da parte di agenti penitenziari, almeno secondo la denuncia presentata da altri detenuti di quello stesso carcere. Violenze per cui la procura di Siena ha iscritto nel registro degli indagati 15 poliziotti penitenziari contestando loro una serie di reati, a partire da quello di tortura. Quattro di loro sono stati anche interdetti dal servizio su decisione del gip di Siena Valentino Grimaldi (la procura aveva chiesto invece gli arresti domiciliari) e su tutti è stata aperta anche un’inchiesta disciplinare da parte del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Una vicenda che scuote il Corpo della polizia penitenziaria e che fa rumore anche perché, come ricorda l’associazione Antigone, si tratta di una delle prime applicazioni del reato di tortura, introdotto due anni fa, per la prima volta viene contestato a pubblici ufficiali. Il pestaggio più grave risalirebbe a un anno fa. Vittima un detenuto tunisino di 31 anni, che doveva essere trasferito da una cella all’altra dello stesso penitenziario. Da lui si sarebbero presentati in 15 tra agenti e ispettori, lo avrebbero trascinato in un corridoio del reparto isolamento e poi picchiato, dopo avergli abbassato i pantaloni. Un’aggressione che sarebbe continuata anche quando il detenuto era finito a terra, come ha testimoniato un altro recluso dello stesso reparto che non solo avrebbe udito le urla, ma anche visto tutta la scena dallo spioncino; e che sarebbe stato a sua volta colpito da un guardia con un pugno. A sentire grida e minacce rivolte al tunisino («Perché non te ne torni al tuo Paese?» ,«non ti muovere o ti strangolo», «ti ammazzo») anche altri reclusi, tutti della sezione alta sicurezza, destinata ai responsabili dei reati più gravi, che nella loro denuncia avrebbero riferito pure di altre violenze. Oltre alla tortura, agli agenti vengono contestati i reati di minacce, lesioni aggravate e falso ideologico, ipotesi che si riferirebbero tutte al tentativo di insabbiare l’accaduto. Alle indagini della procura di Siena ha collaborato anche la polizia penitenziaria, come sottolinea il ministero della Giustizia nella nota con cui annuncia le «doverose valutazioni disciplinari» avviate su tutti gli agenti indagati dal Dap, che ha a sua volta sospeso i quattro già destinatari del provvedimento di interdizione da parte della magistratura. «Era ora che scoppiasse il bubbone, da anni io e altri denunciavamo la situazione intollerabile del carcere di San Gimignano. Situazione che ha origine nella pessima decisione di costruirlo in un luogo isolato» commenta Francesco Corleone, garante regionale dei detenuti. «Si arrivi rapidamente alla definizione del processo nell’interesse della giustizia e della legalità», chiede Antigone che sollecita tempestività negli accertamenti anche per «fatti analoghi» avvenuti nel carcere di Monza e su cui nelle scorse settimane ha presentato un esposto. E una richiesta di arrivare presto alla verità viene anche dai sindacati della polizia penitenziaria. Di fronte ad «accuse pesantissime», vanno accertati «con celerità i fatti realmente accaduti», dice la Uilpa Penitenziaria, ma il Corpo della polizia penitenziaria è «un’istituzione sana» e gli stessi agenti subiscono «continue e gravi aggressioni ad opera dei detenuti». Il Sappe invita tutti «a non trarre affrettate conclusioni prima dei doverosi accertamenti giudiziari. Noi - dice il segretario Donato Capece - confidiamo nella magistratura perché la Polizia penitenziaria, a San Gimignano come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere».

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