I migranti della Ocean Viking sbarcati a Messina andranno in 5 paesi europei: 58 a carico della Cei
In attesa che l’Europa si esprima sull'accordo di Malta e sul meccanismo automatico di redistribuzione dei richiedenti asilo, la soluzione per evitare che i migranti restino in mare è la stessa adottata negli ultimi mesi: un accordo tra paesi 'volenterosi'. E così 124 migranti sbarcati a Messina dalla Ocean Viking saranno distribuiti in 5 paesi, come già accaduto in passato per altre navi delle Ong, mentre 58 rimarranno in Italia in strutture della Cei. Al termine delle procedure di identificazione, fa sapere il Viminale, Francia e Germania prenderanno 50 persone ciascuno, 20 andranno in Portogallo, 2 in Irlanda e 2 in Lussemburgo. 58 invece resteranno nel nostro paese ma a carico della Conferenza episcopale italiana che, come in passato, si è impegnata «a fornire a proprie spese ospitalità, accoglienza e assistenza». L'ennesima soluzione temporanea ed emergenziale che non risolve il problema e che anzi dimostra l’urgenza di un percorso strutturale. Lo dice lo stesso ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ringraziando i vescovi. «Dobbiamo lavorare insieme agli altri paesi europei per cercare di governare al meglio un fenomeno che è strutturale e che deve essere governato». Una soluzione è quella dei corridoi umanitari promossi da Federazione delle Chiese evangeliche, Sant'Egidio e Tavola Valdese d’intesa con Viminale e Farnesina, un canale legale e sicuro che dal 2016 ha permesso a 2.700 persone di raggiungere l'Europa senza rischiare di morire su un gommone. Gli ultimi 64 siriani sono arrivati questa mattina a Fiumicino, con un volo Alitalia da Beirut. Un percorso che però al momento non è praticabile per le migliaia di persone chiuse nei centri libici. Ecco perché, dice il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, «siamo impegnati in vari colloqui sulla stabilità di quel paese, per fermare il conflitto e per evitare che il paese diventi ulteriormente una rotta verso l’Italia. Il problema si risolve fermando le partenze». E in quest’ottica vanno lette sia le parole del comandante della missione Sophia, l’ammiraglio Enrico Credendino, che si è detto «molto fiducioso» che presto le navi militari, bloccate su richiesta dell’Italia torneranno, in mare, sia la risposta in Parlamento del ministro Lorenzo Guerini. Il titolare della Difesa, come già aveva fatto Lamorgese a Malta, ha ribadito il sostegno dell’Italia al governo Serraj: le attività di supporto alla Guardia Costiera e alla Marina libica continueranno e «vengono svolte nel pieno rispetto della normativa nazionale e internazionale, avendo come interlocutori solo soggetti istituzionalmente riconosciuti». La realtà, dice però Matteo Salvini, è che a settembre gli sbarchi «sono aumentati del 100%. E’ la matematica a smentire Di Maio: grazie ai porti riaperti dal governo abusivo, gli sbarchi sono passati da 947 del 2018 a 1716. Il resto è aria fritta». Intanto la procura di Agrigento ha disposto il dissequestro della Sea Watch3, scattato dopo l’ingresso senza autorizzazione nel porto di Lampedusa da parte della comandante Carola Rackete lo scorso 29 giugno. Ma la nave non tornerà per il momento in mare: il 2 settembre scorso è stato notificato il sequestro cautelare amministrativo assieme ad una sanzione da 16.666 euro per Rackete e la Ong. E se la misura sarà confermata dal prefetto la nave verrà confiscata in via definitiva.