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Nomina del fratello al Campidoglio, Marra condannato a un anno e 4 mesi

Raffaele Marra

Nella procedura di nomina del fratello a capo della direzione Turismo del Comune di Roma, Raffaele Marra, già vice capo di gabinetto ed ex capo del personale in Campidoglio, avrebbe dovuto astenersi. Lo hanno sancito i giudici della ottava sezione penale del tribunale di Roma che lo hanno condannato ad un anno e quattro mesi di reclusione per l’accusa di abuso d’ufficio.

Si tratta della stessa vicenda per quale la sindaca Virginia Raggi ha dovuto affrontare un processo per falso terminato con la sua assoluzione l’11 novembre scorso. Presente in aula l’ex alto dirigente comunale non ha avuto alcun tipo di reazione alla lettura della sentenza. I giudici hanno, di fatto, accolto l’impianto accusatorio del pm Francesco Dall’Olio che nel giugno scorso aveva sollecitato una condanna a due anni di carcere.

Per il rappresentante dell’accusa, nell’autunno del 2016, Raffaele Marra ha avuto un «ruolo assolutamente attivo nelle procedure di interpello» relative alla nomina del fratello Renato. Nomina, poi congelata dalla sindaca e infine revocata anche alla luce dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere che raggiunse Marra nel dicembre di tre anni fa per un’altra vicenda giudiziaria riguardante la compravendita di un appartamento in cui il dirigente era accusato di corruzione e per la quale è stato condannato a 3 anni mezzo nel dicembre del 2018.

Nella requisitoria il pm aveva ricostruito i vari passaggi che portarono a quella nomina. «Il reato con dolo intenzionale si è consumato nella riunione del 26 ottobre del 2016 nell’ufficio di Raffaele Marra - affermò in aula il sostituto procuratore - che all’avvocato Antonio De Santis e all’assessore al Commercio Adriano Meloni fece il nome del fratello per il quale adottò un comportamento preferenziale che determinò un’ipotesi di vantaggio economico ingiusto in relazione alla mancata chance degli altri concorrenti per quella nomina».

Il rappresentante dell’accusa aggiunse che «la riunione si chiuse col gradimento di Meloni per la scelta del nome e la comunicazione della notizia a Renato che, avendo certezza del posto, inoltrerà la domanda».  Marra, per la procura di Roma, in poche parole «avrebbe dovuto astenersi e non lo fece».

La nomina del fratello Renato, all’epoca vicecomandante della Polizia Locale, avrebbe comportato un aumento dello stipendio pari a 20mila euro lordi l'anno, passando da una prima a una terza fascia retributiva. La tesi accusatoria è stata sempre respinta dall’imputato che nel corso dell’udienza davanti ai giudici della ottava sezione penale si è dichiarato «assolutamente innocente».

«Sono stato estraneo nella procedura di interpello che nasce su iniziativa della sindaca Raggi - affermò Marra - che ha potere esclusivo e autonomo nelle scelte e nell’assegnazione degli incarichi». L'imputato in quella circostanza aggiunse che la procedura di nomina era di «natura esplorativa e non certo comparativa, tanto è vero che la sindaca poteva conferire incarichi anche indipendentemente dalla presentazione delle istanze. Anche io, come altri dirigenti, fummo oggetto di valutazione senza aver presentato istanze. Quanto all’incremento retributivo che nel caso di mio fratello sarebbe passato dalla prima alla terza fascia, era già indicato nella procedura di conferimento dell’incarico». Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni.

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