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Ethiopian Airlines, dopo 7 mesi i resti delle vittime tornano in Italia

L'area nella quale è precipitato l'aereo

Dopo 7 mesi tornano a casa i resti delle vittime italiane dell'incidente aereo dell'Ethiopian Airlines, che il 10 marzo 2019 ha provocato la morte di 157 persone, 8 delle quali nostri connazionali. L'aereo chiamato "dei volontari", era decollato da Addis Abeba per raggiungere Nairobi, in Kenya, dove era in programma una conferenza dell'United Nations Environment.

Era un Boeing 737 Max, che da allora è stato fermato in tutto il mondo: le indagini sulle scatole nere hanno stabilito che i piloti rispettarono correttamente tutte le procedure di emergenza previste dalla Boeing, cercarono di spegnere il software anti-stallo, di riportare il muso all'insù con la cloche manuale, di spegnerlo di nuovo, ma malgrado ogni tentativo, l'aereo tornava in picchiata e solo sei minuti dopo il decollo da Addis Abeba si schiantò al suolo. La prossima settimana iniziano a tornare i primi resti, quelli di Carlo e Gabriella Spini, i coniugi residenti a Sansepolcro (Arezzo).

La notizia è stata comunicata ufficialmente ai figli della coppia, Andrea, Francesco, Marco ed Elisabetta. I funerali si svolgeranno giovedì nella cattedrale di Sansepolcro. Carlo Spini e la moglie si recavano in Africa per lavorare come volontari per i più bisognosi. A quanto si è appreso, il 16 ottobre saranno portati in Italia anche i resti di altre vittime dell'incidente, come quelli di Paolo Dieci, per anni attivo nel volontariato internazionale e presidente della rete di ong LinK 2007.

Alla tragedia, che visto coinvolte persone di 35 nazionalità diverse, è seguita una lunga e difficile opera di ricomposizione dei corpi a cui ha partecipato anche un team della polizia di Stato che da aprile ha lavorato in Etiopia per collaborare all'identificazione delle otto vittime italiane. Una squadra formata dagli specialisti del Dvi (Disaster victim Identification) della Polizia Scientifica e integrata da medici della Direzione Centrale di Sanità. Il nucleo Dvi è composto da medici legali, biologi, chimici, fisici, ingegneri, psicologi, dattiloscopisti, informatici, videofotosegnalatori che vengono impegnati in ogni parte del mondo quando ci sono vittime italiane coinvolte in disastri.

Tra le vittime italiane dell'incidente, oltre ai coniugi Spini e a Paolo Dieci, ci furono anche l'assessore ai Beni culturali della Regione Sicilia Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale, che era diretto a Malindi per una conferenza dell'Unesco; Virginia Chimenti, Maria Pilar Buzzetti e Rosemary Mumbi, impegnate a vario titolo con il World Food Programme; Matteo Ravasio, che con gli Spini faceva il volontario della ong Africa Tremila.

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