Dagli spari di quella maledetta notte di febbraio al sogno di tornare a camminare. Manuel Bortuzzo si racconta in un libro - intitolato «Rinascere» - e annuncia che la «lesione midollare non è completa», il che significa avere ancora qualche speranza di tornare in piedi.
Il giovane nuotatore, vittima di uno scambio di persona all’esterno di un pub alla periferia di Roma, sorprende e commuove tutti. Il web esplode in un grido unanime di felicità e, a nove mesi da quei colpi di pistola che lo costrinsero su una sedia a rotelle, può tornare a sperare, lottando come solo lui ha dimostrato di saper fare.
«E da questa fotografia è venuto fuori che qualche filamento (del midollo, ndr) è rimasto, quindi non tutto è perduto», scrive Manuel nel suo libro-diario dove descrive il midollo «come a un viadotto sospeso nel vuoto che mette in collegamento gambe e cervello».
«A causa di un brutto incidente, questo viadotto è crollato quasi del tutto, è rimasta solo una sottilissima lingua d’asfalto - la sua metafora -. Senza, sarebbe stato impossibile ricostruire il collegamento, ma visto che c'è, gli operai possono mettersi al lavoro e usare quel pezzettino come punto di partenza per provare ad allargare di nuovo la carreggiata. Sarà difficilissimo e dovranno procedere molto lentamente, ma possono farcela».
Nelle 160 pagine del libro, Manuel racconta tutto, dalla notte della sparatoria alla riabilitazione con le parallele con la speranza, un giorno, di tornare in piedi. «Mi sono dato dieci anni», ha detto in tv. «Non capita a tutti, in effetti, di trovarsi ad appena dodici millimetri dalla morte - scrive invece sul libro -. Dodici millimetri più in basso rispetto al punto in cui sono stato colpito dal proiettile e non sarei qui a scrivere queste pagine».
«Se mi avesse colpito dodici millimetri più in basso - continua -, avrebbe beccato l’arteria addominale e in ospedale non ci sarei nemmeno arrivato, sarei morto nel giro di novanta secondi. Come in gara bastano 12 millesimi per mandarti alle Olimpiadi o farti vincere un mondiale, quella notte quei 12 millimetri hanno fatto la differenza tra esserci e non esserci più». «Ho conosciuto l’abisso della disperazione - la chiusura del libro -, e ne sono venuto fuori, ora posso dirlo, sulle mie gambe. L’unica strada che conosco per rinascere».
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