Venerdì 15 Novembre 2024

La morte di Stefano Cucchi, 12 anni ai due carabinieri: omicidio preterintenzionale

Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, con l'avvocato Fabio Anselmo

Stefano Cucchi fu pestato da due carabinieri. Ad ucciderlo sono stati loro. È la verità sancita dalla Corte d’assise di Roma che arriva dopo dieci anni da quel'ottobre 2009, quando il 33enne fu arrestato a Roma per droga e fu restituito senza vita ai suoi familiari una settimana dopo. Solo un’ipotesi per tanto tempo, ma che ora è diventata storia giudiziaria, pronunciata attraverso una sentenza di tre pagine lette nell’aula bunker del carcere capitolino di Rebibbia, dal presidente della Corte d’Assise. E nel giorno in cui i medici escono di scena, forse definitivamente, i riflettori restano puntati solo su due militari dell’Arma: Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo, i carabinieri della stazione Appia che durante il fotosegnalamento picchiarono Stefano tanto violentemente da portarlo una settimana dopo alla morte. Sono stati condannati ciascuno a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale. La stessa accusa cade invece per Francesco Tedesco, l’imputato che nel 2018 decise di parlare e di raccontare quanto aveva visto nella caserma Casilina, dove ci fu il pestaggio. Tedesco è stato comunque condannato a due anni e mezzo per l’accusa di falso. Aldilà dell’omicidio, restano le responsabilità del maresciallo Roberto Mandolini per la falsificazione del verbale di arresto, condannato a tre anni e otto mesi di reclusione. Per Tedesco, Mandolini e Vincenzo Nicolardi, il quinto militare imputato, la contestazione di calunnia è stata riqualificata in falsa testimonianza. Una verità oggi più forte perché in pochi minuti è diventata doppia. Nello stesso giorno, quasi in contemporanea, è stato definito in Appello, per la terza volta, il processo che vedeva imputati cinque medici: per quattro è stato dichiarata la prescrizione del reato di omicidio colposo e il quinto è stato invece assolto. In una bolgia di telecamere, di fronte ai giudici dopo la lettura della sentenza, Ilaria Cucchi si è stretta commossa in un abbraccio ai suoi genitori, Rita e Giovanni, e al legale Fabio Anselmo. Con loro, fin dal 2009, la sorella di Stefano ha percorso la lunga strada processuale che li ha portati al verdetto. «Mio fratello è stato ucciso, questo lo sapevamo e lo ripetiamo da dieci anni. Forse ora potrà risposare in pace», ha detto con gli occhi lucidi. Per la mamma sono stati «anni di dolore e di processi non veri». Anche per Francesco Tedesco, unico imputato in aula, rimasto impassibile di fronte alla lettura della sentenza nonostante la tensione si leggesse sul suo volto, «è finito un incubo». Sono queste le uniche parole che ha poi detto al suo avvocato. Dopo qualche minuto è arrivata anche la voce ufficiale dell’Arma. «Abbiamo manifestato in più occasioni il nostro dolore e la nostra vicinanza alla famiglia - ha detto il generale Giovanni Nistri, comandante generale dei carabinieri - Un dolore che oggi è ancora più intenso dopo la sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Roma che definisce le responsabilità di alcuni carabinieri venuti meno al loro dovere, con ciò disattendendo i valori fondanti dell’Istituzione». Una frattura che forse proprio oggi, nel giorno della dura sentenza per alcuni esponenti dell’Arma, viene ricucita con un gesto semplice in pochi istanti. Un carabiniere si avvicina a Ilaria per baciarle la mano, quasi per chiederle scusa a nome di un’intera istituzione. «Chi sbaglia paga e doppiamente se porti la divisa - ha detto - quei due colleghi hanno infangato 200 anni di storia».

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