La Corte d’Appello di Milano ha ridotto, da 9 anni e mezzo a 7 anni e mezzo, la pena inflitta in primo grado in abbreviato a Roberto Manno, figlio del presunto boss della 'ndrangheta Francesco Manno.
Manno era imputato nel processo sulla bomba esplosa nell’ottobre 2017 a Pioltello, nel milanese, davanti alla porta di casa di un operaio ecuadoriano per un prestito a tassi d’usura non restituito. La riduzione della pena per il 26enne, difeso dall’avvocato Mirko Perlino, è dovuta alla concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, tra cui quella del metodo mafioso.
La Corte ha anche ridotto la pena da 6 anni e 4 mesi a 4 anni e 8 mesi inflitta a Manuel Manno, difeso dall’avvocato Amedeo Rizza e a cui è stata concessa l’attenuante del risarcimento del danno. Confermate, invece, le condanne per gli altri quattro imputati nel processo.
Come si legge nelle motivazioni del primo grado, il giudice aveva ritenuto che quell'attentato fu una reazione che ha avuto «una funzione per così dire 'didascalica, educativa e di prestigio' sul territorio» perché esprimeva «l'autorità dei componenti del gruppo, in senso ampio (...) un’autorità che deve essere ben percepita non solo dalla vittima, ma da tutti affinché non si permettano di ripetere simili comportamenti».
Per il gup Guido Salvini, che aveva emesso le condanne del primo grado, quella che doveva essere «riparata» non era «solo l'aspettativa economica ma l'affronto portato a persone anche molto giovani ma che, per la loro appartenenza familiare, dovevano essere rispettate».
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