Un tesoro da 20 milioni di euro confiscato a Salvatore Vetrano, 48 anni, imprenditore palermitano impegnato nella commercializzazione dei prodotti ittici e considerato vicino a cosa nostra. Società, decine di immobili, conti bancari e soldi in contanti confiscati dalla Dia di Palermo passano da oggi definitivamente allo Stato.
Il decreto è stato emesso dal Tribunale di Palermo - Sezione I Penale e Misure di Prevenzione, presieduto da Raffaele Malizia.
La carriera criminale di Salvatore Vetrano ha in inizio a luglio del 1999, quando, con suo padre Giacomo, fu coinvolto in un'inchiesta con l'accusa di aver nascosto in una cella frigorifera di un’azienda riconducibile a lui e al padre, il carico di pesce proveniente da una rapina ad un autotrasportatore. Il tutto per favorire anche la famiglia mafiosa palermitana di corso Calatafimi.
Nel febbraio 2002 fu arrestato, in esecuzione di provvedimento restrittivo, perché ritenuto responsabile di aver rapinato un carico di pesce congelato, con altre persone organici a cosa nostra. Salvatore e Giacomo Vetrano, in un’ordinanza di custodia cautelare in carcere del febbraio 2005, che peraltro ha raggiunto noti esponenti di cosa nostra (Benedetto Graviano e Cesare Lupo), sono stati citati quali soggetti vicini all’organizzazione mafiosa.
Nel giugno 2012, nonostante fosse stato sottoposto ad “avviso orale” da parte del questore di Palermo (avendo riportato, fra l’altro, condanne definitive per ricettazione e rapina), è stato arrestato per tentato omicidio nei confronti dell’imprenditore Giuseppe Toia.
La Dia di Palermo, attraverso gli accertamenti finalizzati all’emissione della confisca di oggi, ha dimostrato come Vetrano avesse acquisito un consistente patrimonio immobiliare e costituito numerose aziende (operanti nel settore del commercio di prodotti alimentari), anche beneficiando di finanziamenti comunitari erogati dal Fondo Europeo per la pesca in Sicilia, nonché sottraendo a tassazione ingenti ricavi imponibili, frutto della propria attività commerciale.
A seguito degli accertamenti disposti dal direttore della Dia provata anche la contiguità di Vetrano ad elementi di spicco di cosa nostra - Gianfranco Puccio e Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss Totò - e documentato come la sua scalata imprenditoriale fosse inserita all’interno di una commistione di interessi tra attività di impresa ed attività mafiosa traendo, in un settore strategico del circuito dell’economia legale, sostegno, consenso ed ampia visibilità.
Parallelamente sono stati sentiti i collaboratori di giustizia Manuel Pasta, Andrea Bonaccorso, Salvatore Giordano e Sebastiano Arnone, i quali hanno confermato come le attività imprenditoriali di Vetrano fossero state realizzate grazie all’appoggio ed al sostegno di cosa nostra, motivo per il quale a Vetrano era stato richiesto di versare una quota in denaro a favore dell’associazione mafiosa, ovvero di provvedere all’eventuale assunzione di personale.
Il collaboratore di giustizia Vito Galatolo ha riferito, inoltre, che nell’attività imprenditoriale di Vetrano era stato investito denaro appartenente ad esponenti di cosa nostra.
Il decreto di confisca di oggi, emesso dal Tribunale di Palermo, si fonda anche sugli accertamenti patrimoniali compiuti per il periodo 1988-2012 riguardanti il suo bilancio familiare, il tenore di vita e i flussi finanziari a lui riconducibili, che hanno evidenziato una significativa situazione di sperequazione, tale da indurre a ritenere che il suo nucleo familiare abbia tratto, nel tempo, il sostentamento da proventi illeciti.
La Dia ha quindi confiscato: l’intero capitale sociale e del compendio aziendale di 5 società di capitali, tra cui la “Veragel srl” di Carini (Pa), attive nel settore della commercializzazione di prodotti ittici e in quello immobiliare; 13 immobili, tra cui appartamenti, magazzini e terreni ubicati a Palermo, Carini, Trabia (Pa), Marsala (Tp) e Sciacca (Ag); corrispettivi delle vendite di un immobile, di 2 imbarcazioni da diporto, di 2 motori fuoribordo da 250CV e di un'autovettura; libretti nominativi ordinari, conti correnti bancari, depositi a risparmio, investimenti assicurativi e rapporti finanziari. Il valore complessivo dei beni interessati è stimato in oltre 20 milioni di euro.
Il Tribunale di Palermo ha, altresì, applicato nei riguardi di Salvatore Vetrano la misura di prevenzione della sorveglianza specialeper la durata di due anni e sei mesi, con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza.
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