È stato respinto dalla Cassazione il ricorso della Procura di Agrigento contro l’ordinanza che lo scorso 2 luglio ha rimesso in libertà Carola Rackete, la comandante della nave Sea Watch3 approdata a Lampedusa forzando il blocco.
Rigettato il ricorso presentato la scorsa estate dal procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio e dall’aggiunto Salvatore Vella contro l’ordinanza, firmata dal gip Alessandra Vella che decise di non convalidare l’arresto di Rackete, escludendo il reato di resistenza e violenza a nave da guerra, che era stato contestato alla capitana per avere, forzato il posto di blocco della Guardia di finanza.
Nella manovra la motovedetta era stata urtata dal natante della ong tedesca. Il gip aveva ritenuto che il reato di resistenza a pubblico ufficiale fosse stato giustificato da una «scriminante» legata all’avere agito «all’adempimento di un dovere», quello di salvare vite umane in mare. Con la pronuncia del gip era dunque venuta meno la misura degli arresti domiciliari deciso dalla procura che aveva chiesto la convalida della misura restrittiva e il divieto di dimora in provincia di Agrigento.
In ogni caso, la decisione della Cassazione non avrebbe cambiato la posizione di Rackete, che sarebbe rimasta in libertà anche con un accoglimento del ricorso della procura, ma sarà importante leggere le motivazioni con cui la Suprema Corte spiegherà il suo verdetto, il cui deposito, in base alle norme del codice di procedura penale, è atteso in 30 giorni.
«Per qualche giudice una signorina tedesca, che ha rischiato di uccidere cinque militari italiani speronando la loro motovedetta, non merita la galera, ma il ministro che ha bloccato sbarchi e traffico di esseri umani sì. Questa non è 'giustizia', questa è vergogna». Così il segretario della Lega, Matteo Salvini, sulla sentenza della Cassazione.
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