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Coronavirus, Italia terza al mondo per numero di contagi: Europa in allarme

La fulminea diffusione del coronavirus nelle regioni del Nord ha fatto balzare l’Italia al terzo posto per numero di contagi in tutto il mondo: a parte la Cina, resta dietro solo alla Corea del Sud (602 casi), superando il Giappone (fermo a 135, secondo i dati della Johns Hopkins University).

Il caso Italia allarma ora tutta Europa e in particolare i Paesi vicini, con Francia, Svizzera e Austria che hanno annunciato di seguire con attenzione gli sviluppi, al momento senza panico ma non escludendo eventuali contromisure se la situazione dovesse peggiorare. E c'è già chi, tra i più oltranzisti, chiede controlli alle frontiere, come la leader dell’ultradestra d’oltralpe Marine Le Pen.

Dopo gli oltre 150 contagi ed i 3 morti registrati in appena 2 giorni, l’Italia è diventata uno dei principali fronti nella lotta al coronavirus fuori dalla Cina. Un picco arrivato improvvisamente perché, almeno secondo la versione del commissario per l’emergenza Angelo Borelli, «i medici non sono stati in grado di riconoscere immediatamente i sintomi del virus».

Non per «colpa» dei sanitari, ha precisato il capo della Protezione civile, quanto per la «difficoltà» di individuare i sintomi. Per il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri invece i casi sono emersi rapidamente grazie ad uno screening «approfondito e capillare», così come aveva sostenuto sabato il premier Conte, che pure oggi si è detto «sorpreso» da un’esplosione simile.

Fatto sta che l’emergenza italiana trova ampio spazio nei media stranieri, che in molti casi vi dedicano l’apertura di siti e giornali. «La quarantena arriva in Italia», titola Le Monde, riferendosi alle oltre 50mila persone isolate soprattutto in Lombardia, ma anche in Veneto. La Cnn parla della «più grande epidemia in Europa e fuori dall’Asia».

«In Italia misure draconiane», sottolinea il Guardian, mentre El Pais evidenzia che «Milano chiude scuole, cinema e teatri, Venezia il Carnevale». Oltre confine il livello di attenzione si è inevitabilmente alzato. A partire dalla Svizzera, dove circa 68.000 italiani vanno a lavorare ogni giorno. «In base alla situazione attuale non vi sono limitazioni all’ingresso», ha spiegato l’ufficio federale della Sanità Pubblica, che allo stesso tempo dichiara di «monitorare attentamente la situazione in Italia».

Ed anche se finora non si registrano contagi, le autorità elvetiche considerano la possibilità di una diffusione anche all’interno della confederazione. Tanto che qualche politico locale, come il deputato della destra dell’Udc Tiziano Galeazzi, ha invocato controlli della temperatura per i transfrontalieri. Sulla stessa linea i populisti francesi.

«Prima o poi bisognerà controllare le frontiere», anche con l’Italia «se l'epidemia diventa fuori controllo», è la richiesta di Marine Le Pen al governo. In Francia i casi accertati sono 12 (e 10 sono guariti), ma il ministro della Sanità Oliver Veran ha ammesso che la situazione «è seria e se l’epidemia raggiunge l’Europa» bisogna essere «pienamente operativi». Per questo motivo quello che succede in Italia è oggetto di «attenzione».

In Austria non c'è al momento «alcuna ragione per farsi prendere dal panico», ha sottolineato il ministero della Salute, chiarendo comunque di essere in grado di «prendere misure immediate» qualora ci fossero minacce per la popolazione, finora risparmiata dal contagio. Anche in questo caso, per ragioni geografiche, l’Italia è il primo paese da seguire. Una stretta verso l’Italia, invece, è già stata adottata da Israele.

Le autorità hanno disposto che chiunque sia stato nel nostro Paese, in Australia, in Cina e altri asiatici colpiti dal coronavirus nelle ultime due settimane ed ha avuto febbre sopra i 38 gradi, tosse, difficoltà respiratorie o sintomi analoghi dovrà sottoporsi a controlli al rientro. Da Bruxelles l’Ue segue l’evolversi della situazione ed ha promesso ogni possibile sostegno. Nel frattempo i commissari per la gestione delle crisi e per la salute, Janez Lenarcic e Stella Kyriakides, lavorano alle misure, anche finanziarie, di contrasto dell’epidemia.

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