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Coronavirus, controlli dei carabinieri nelle Rsa: inchieste anche in Sicilia e Calabria

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Sulle case di riposo e sulle strutture per anziani si muovono i carabinieri dei Nas con sopralluoghi e ispezioni in tutta Italia che hanno portato a riscontrare irregolarità e, in vari casi, "gravi non conformità" relative alle misure necessarie per la prevenzione del Coronavirus.

Mentre sfiorano quota 20 le Rsa finite nel mirino della magistratura milanese, la prima ad aprire indagini, tra cui quella al Pio Albergo Trivulzio, a disporre perquisizioni e acquisizioni e ad accendere un faro sulla presunte irregolarità nella gestione degli ospiti, si moltiplicano le inchieste nelle varie Procure Italiane e gli indagati.

I militari del Nas, che lavorano in 'tandem' con il ministero della Salute, hanno effettuato controlli a tappeto in quasi tutto il Paese, da Catanzaro a Pescara fino a Cagliari. In una casa di riposo abruzzese dell'Asl Lanciano-Vasto-Chieti hanno appurato che oltre 40 persone, tra anziani e operatori sanitari, sono risultati positivi al Covid-19, mentre in una struttura in provincia di Vibo Valentia hanno rilevato irregolarità relative alle misure necessarie per la prevenzione del Covid e sanzionato il rappresentante legale.

Le verifiche in una casa di riposo del messinese, invece, hanno portato a scoprire che erano stati disattesi i provvedimenti imposti e l'assenza degli adeguamenti alle misure di prevenzione contro il rischio di diffusione dei contagi: i responsabili sono stati denunciati all'autorità giudiziaria.

In Provincia di Trapani, poi, è stato accertato che una comunità alloggio per anziani era priva di idonei requisiti igienico-strutturali ed è stata chiusa con tanto di trasferimento degli ospiti a casa dei parenti, mentre a Pescara due strutture sono risultate sprovviste di autorizzazione e prive dei requisiti strutturali minimi.

Non molto diverso il caso di una comunità in provincia di Cagliari: i Nas hanno appurato la reiterata mancanza di requisiti organizzativi e strutturali tra i quali, per esempio, l'uso di acqua proveniente da un pozzo non potabile, mentre a Ragusa è finita indagata la titolare di una casa albergo, accusata di aver disatteso alle prescrizioni sul distanziamento sociale impartite nell'ambito dell'emergenza epidemiologica.

Mentre il ministro Luigi Di Maio scrive su Facebook che sulle Rsa "è evidente che c'è stato un problema di fondo" aggiungendo che "fa male, e non possiamo nascondercelo, vedere andarsene i nostri cari, soprattutto se già afflitti da problematiche", uno dei dati più allarmanti di questa strage silenziosa è quello emerso dall'indagine della procura di Bergamo ancora a carico di ignoti e che riguarda 13 case di riposo: dal primo di gennaio ad oggi gli anziani morti nelle 65 Rsa della Bergamasca sono stati 1998, e cioè 1322 in più rispetto allo stesso periodo del 2019 in cui i decessi registrati sono stati 676.

I pm milanesi, nell'inchiesta sul Pio Albergo Trivulzio, hanno dato un pre-incarico a un pool di 5 esperti, tre medici di medicina legale dell'Università di Verona, un epidemiologo e un medico di medicina del lavoro per analizzare la mole di carte sequestrate e verificare se le condotte tenute nei confronti degli ospiti e pazienti e degli operatori sono state adeguate e se sussistano i profili di epidemia colposa, omicidio colposo e violazione delle norme di sicurezza.

Sempre alla Baggina, che ancora oggi sta affrontando una grave situazione, con oltre 200 ospiti morti dall'inizio di marzo, come riferiscono fonti sanitarie, solo in questi giorni si sta procedendo a suddividere gli ospiti covid negativi asintomatici, covid negativi con sintomi e dei covid positivi.

In più, dalle indagini di Genova pare che in alcune Rsa della Provincia i vertici delle strutture avrebbero ordinato ai dipendenti di non indossare i dispositivi individuali di protezione "per non spaventare gli ospiti", esattamente come sembra sia accaduto al Pat. Da registrare, infine, tra l'altro, l'iscrizione nel registro degli indagati dell'amministratore e amministratore e del direttore sanitario da parte dei pm di Cosenza nell'ambito dell'inchiesta sulla vicenda di "Villa Torano".

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