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Copie pirata di giornali su Telegram, da Ses denunce in Sicilia e Calabria

I “ladri di giornali” sul web non avranno vita facile. Fanno perdere al comparto dell'editoria italiana qualcosa come 250 milioni di euro ogni anno. Compromettendo seriamente la vita di un settore fondamentale per la democrazia del nostro Paese. Le procure di mezza Italia stanno lavorando in questi mesi con la Guardia di Finanza e la Polizia Postale per smantellare finalmente un sistema fraudolento che si avvaleva dei canali di Telegram per diffondere abusivamente quotidiani, riviste e libri.

La SES ha già depositato alcune denunce in varie procure di Calabria e Sicilia, per chiedere con forza che anche in queste due regioni venga “azzerato” un sistema truffaldino di diffusione che va avanti da troppo tempo, nell'indifferenza generale. Danneggiando tutti.

È di pochi giorni fa la notizia che il procuratore aggiunto di Bari Roberto Rossi, ha disposto il sequestro preventivo d'urgenza di 19 canali Telegram, dopo l'esposto della Fieg, la Federazione Editori, all'Agcom. E proprio esaminando l'atto nei suoi profili giuridici si può comprendere ancora meglio il contesto, per individuare gli aspetti ritenuti rilevanti dalla Procura di Bari.

Il giornale - ha scritto il procuratore aggiunto - è da considerarsi opera collettiva, quindi frutto del lavoro di persone diverse. La giurisprudenza civile considera pacificamente che i giornali e le riviste sono tutelate dalle norme sul diritto di autore (Cassazione civile sez. I, 20/09/2006, n. 20410). Anche la giurisprudenza penale, pacificamente ritiene che giornali, libri e riviste siano tutelabili dalla disciplina prevista dagli articoli 171 e seguenti della legge sul diritto d'autore (Cassazione penale sez. III, 18/07/2018, n. 55009).

Sono 4 le fattispecie criminose individuate e contestate dalla Procura di Bari: “Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico”, pena prevista reclusione fino a 3 anni; “Furto”, con l'aggravante dell'uso di mezzo fraudolento, pena prevista reclusione da 2 a 6 anni e multa fino a 1500 euro; “Violazioni degli artt. 171 e 171-ter della legge sul diritto d'autore”, pena prevista reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da 2.582 a 15.493 euro, in caso di lucro; “Riciclaggio”, in questo caso è al momento contro ignoti per avere acquisito e comunque trasferito elettronicamente beni di provenienza delittuosa, pena prevista reclusione da 4 a 12 anni e multa da 5.000 a 25.000 euro.

Un altro aspetto, fondamentale, sottolineato dal magistrato barese: allo stato attuale i reati sono “classificati” contro ignoti, in attesa dell'identificazione degli amministratori dei singoli canali; non ci sono elementi per poter affermare che i rappresentanti legali di Telegram siano consapevoli dei contenuti illeciti dei canali indicati, ma dal momento che ci sia stata conoscenza del provvedimento, i rappresentanti legali di Telegram sono consapevoli della eventuale prosecuzione dei reati, con le possibili ovvie conseguenze, in caso di mancata collaborazione.

Nel caso concreto - spiega ancora il procuratore aggiunto Rossi nel provvedimento -, cioè nella fattispecie individuata, non vi è dubbio che sussistano i presupposti per il sequestro.

La sequenza dei reati commessi, la “catena dei furti e della fruizione” è stata oltretutto ricostruita in dettaglio dal magistrato nel provvedimento: i file di giornali, riviste e libri vengono acquisiti mediante l'intromissione non autorizzata nel sistema informatico; vengono acquisiti illecitamente anche mediante la sottrazione dei PDF per l'inserimento lecito nei siti o per la stampa; i file, cioè “il corpo del reato”, vengono acquisiti da soggetti che li detengono al fine di commettere l'ulteriore reato di diffusione illecita tramite i canali Telegram, al fine di profitto; le modalità di costituzione dei canali, come hanno accertato le indagini della Finanza, sono tali che vi è un concreto ostacolo per l'individuazione della provenienza delittuosa, pertanto non vi è dubbio che i titolari dei canali commettono il reato di riciclaggio; i file, infine, vengono poi diffusi illecitamente tramite i canali web, per trarne profitto.

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