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Mafia, processo "Apocalisse" a Palermo: inflitti 150 anni di carcere in Appello

Due assoluzioni in appello, a Palermo, nel processo «Apocalisse» celebrato con il rito ordinario: diciotto gli imputati che in primo grado, in tribunale, avevano avuto complessivamente 160 anni di carcere, adesso ridotti a poco meno di un secolo e mezzo per i sedici condannati. Uno dei due scagionati è Camillo Graziano (classe 1967, specificazione necessaria perchè ha un cugino omonimo coinvolto in altri processi): l’uomo è stato assolto e scarcerato dopo circa tre anni di reclusione e in primo grado aveva avuto 15 anni. L’altro assolto è Massimiliano Ammirata, che però aveva avuto solo un anno e tre mesi per corruzione elettorale.

Pena ridotta poi, anche se di poco, a Ignazio Di Maria, assolto da un capo d’imputazione e così condannato a 14 anni e 6 mesi (in tribunale erano stati 15). Stessa riduzione (da 15 a 14 e mezzo) per Agostino Matassa, che invece ha ottenuto la prescrizione di un’accusa. Per il resto sentenza confermata e respinti anche gli appelli dell’accusa contro l’assoluzione di Salvatore Buccafusca e le parziali assoluzioni, in primo grado, degli stessi Graziano e Matassa e di Seam D’Angelo, che si è visto ribadire i 3 anni e 8 mesi che aveva avuto in tribunale, il 14 giugno 2017: per lui la Procura generale aveva chiesto 14 anni.

Le pene inflitte agli altri imputati rimangono dunque uguali: Gaetano Ficano e Vincenzo Russo un anno e tre mesi ciascuno; Domenico Barone 13 anni e 6 mesi; Giuseppe Calvaruso 17 anni e 10 mesi; Girolamo D’Alessandro 2 anni e 8 mesi; Salvatore D’Urso 16 anni; Giuseppe Faraone 4 anni e 6 mesi; Sebastiano Filingeri 16 anni; Giuseppe Giorlando 5 anni e 6 mesi; Ciro Guccione 3 anni e 6 mesi; Francesco La Barbera 7 anni; Agostino Matassa 15; Giuseppe Messia 7; Girolamo Taormina 13 anni.

La seconda sezione della Corte d’appello di Palermo ha anche confermato i risarcimenti in favore delle parti civili costituite: le associazioni La verità vive e Antiracket e antiusura, Confartigianato, Libero Futuro, il Centro studi Pio La Torre, Addiopizzo, il Comune, Confcommercio, Confesercenti, Confindustria Palermo, Fai, Solidaria, Sos Impresa.

I giudici hanno disposto risarcimenti pure in favore di imprenditori vittime del racket, pure loro costituiti in questo processo: si tratta dei legali rappresentanti delle aziende Conca d’Oro Bowling, Ipa srl e Tecnoscavi e di altri undici privati che avevano deciso di schierarsi apertamente contro le cosche della zona di Resuttana e San Lorenzo.
La sentenza di oggi, che ha in gran parte confermato le condanne inflitte dal tribunale il 14 giugno 2017, spinge Addiopizzo a un commento ampiamente positivo: esce infatti ribadito, scrive il comitato in una nota, «anche questa volta come ormai esista la concreta possibilità di denunciare».

Molte delle vittime erano state stimolate a costituirsi da Addiopizzo e si tratta di «commercianti e imprenditori che nel corso delle indagini avevamo accompagnato da carabinieri, polizia e guardia di finanza. Ci inquieta però che i vuoti creati dall’azione repressiva, possano, nel tempo, rimanere tali e senza risposte politiche, oggi più di ieri. Vuoti che in questo periodo drammatico diventano voragini se il lavoro, l’accesso al credito, la cassa integrazione, il sussidio alimentare, l’istruzione e la salute rimangono più che diritti per tutti un’illusione per tanti».

«A una sempre più incisiva e costante repressione, portata avanti da magistrati e forze dell’ordine, non seguono vigorose politiche sociali e sul lavoro, indispensabili per superare fenomeni criminali e mafiosi. Per tutto questo - conclude Addiopizzo - proseguiamo il nostro impegno quotidiano per le strade di Palermo e in provincia. Con i nostri limiti ma con l’energia e l’entusiasmo di sempre, a fianco di chi si oppone al racket e insieme a chi, alla Kalsa, vive situazioni di disagio economico e sociale».

 

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