Il ministro della Salute Roberto Speranza ha dato mandato all’ufficio legislativo del suo dicastero per verificare il quadro normativo sui trattamenti sanitari obbligatori (Tso). L’obiettivo è quello di studiare una eventuale norma più stringente che riguarda la tutela contro il Covid dopo il caso del focolaio veneto. La verifica tecnica servirà anche di supporto alle eventuali scelte in questo senso delle autorità locali. «Sto valutando con il mio ufficio legale l’ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori nei casi in cui una persona deve curarsi e non lo fa»: ha riferito il ministro parlando del caso dell’imprenditore veneto che ha rifiutato le cure ed è andato in giro pur essendo positivo. «Ma attenzione», ha aggiunto il ministro, «il mio giudizio su come si sono comportati gli italiani in questa crisi è positivo, senza questa sintonia di fondo tra le misure adottate e i comportamenti individuali noi non avremmo piegato la curva». Per Speranza «l'unico strumento che funziona e ha funzionato» resta «la persuasione» per «far capire a tutti che finchè il virus sarà attivo dovremo rispettare le tre regole rimaste: mascherina, distanziamento fisico di almeno un metro senza assembramenti e rispetto delle regole igieniche a partire dal lavaggio delle mani». Esiste già una misura di ricovero coatto per chi diffonde epidemie, il quale potrebbe essere punito fino all’ergastolo: è prevista dal codice penale ed è applicata anche in questi mesi per chi si allontana dalla quarantena. A chiarirlo è Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di polizia 'Coisp', a proposito della richiesta del governatore del Veneto Luca Zaia per il 'trattamento sanitario obbligatorio' ai positivi al coronavirus che rifiutano il ricovero. «Credo che ci sia stato semplicemente un problema di interpretazione del termine - spiega Pianese, che ha un’esperienza trentennale in polizia - . Il 'Tso' è una misura di prevenzione adottata quando ci sono persone in stato di alterazione psicofisica, è regolamentato con una legge del 1978 e ovviamente non tiene conto delle evoluzioni degli ultimi mesi sul Covid e i rischi di pandemia. Quindi il primo problema per una sua applicazione alle persone positive al coronavirus sarebbe di tipo normativo. Una persona in possesso delle proprie facoltà viene giudicata tale da un medico o sanitario della Asl ed è previsto un intervento delle forze di polizia, le quali chiamano il 118 richiedendo il Tso. Ma se il medico reputa che quella persona sia presente a se stessa e non abbia caratteristiche psico-fisiche alterate rispetto alla normalità, non si può far applicare il Tso. Perciò da questo punto di vista sarebbe necessaria una modifica normativa». Il sindacalista chiarisce quindi che «esistono già reati penali per chi è a conoscenza di una patologia e sono previsti dal nostro ordinamento giudiziario. Questo valeva anche ad esempio quando tanti anni fa ci sono state epidemie come il colera - sottolinea -. L’articolo 438 del codice penale prevede pene tra gli 8 anni e l’ergastolo per chiunque cagioni un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni. Se la patologia viene certificata, è inoltre previsto l’obbligo di ricovero in una struttura appositamente dedicata: è già successo in questi mesi con chi si allontanava dalla quarantena. E se la persona oppone resistenza al ricovero, viene piantonata». C'è poi un’altro aspetto, che riguarda gli agenti delle forze di polizia: «servono adeguate forniture sui dispositivi di protezione individuale per gli agenti che in questi casi devono intervenire», conclude.