Organizzava finti casting per film inesistenti, attirando giovani aspiranti attrici, ignare di tutto, di cui poi abusava. Per questo un 40enne, che si spacciava regista, è stato arrestato a Roma dai carabinieri, in esecuzione della misura cautelare emessa dal gip, in quanto ritenuto responsabile di diversi episodi di violenza sessuale nei confronti di otto ragazze. Il provvedimento trae origine da un'indagine, condotta, tra i mesi di febbraio e luglio 2020, dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Roma Parioli, dopo diverse denunce presentate da giovani aspiranti attrici che raccontavano degli abusi subiti durante i finti casting. I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Roma Parioli hanno arrestato l'uomo, in esecuzione della misura disposta dal gip, su richiesta del Gruppo specializzato contro la violenza istituito presso la Procura della Repubblica di Roma. Il finto regista ha compiuto le violenze anche in piena emergenza Coronavirus, tanto che prospettava alle aspiranti attrici partecipazioni a casting di nuovi film, che avrebbe ripreso a girare appena terminato il lockdown. Il 40enne usava sempre la stessa tecnica. Durante i provini, le ragazze venivano invitate ad un primo incontro organizzato presso sedi-uffici presi in affitto ad hoc, per carpire la loro fiducia e rendere la prospettiva di poter aspirare ad una parte nel film quanto più realistica possibile. Poi organizzava un secondo incontro, questa volta senza indicare alle ragazze l'indirizzo preciso del luogo di appuntamento, bensì fissandolo nei pressi di fermate della metropolitana, nella maggior parte dei casi Piazza Annibaliano e Piazza Bologna. A quel punto le andava a prendere e le portava in appartamenti dove abusava di loro. Ogni volta sottoponeva alle aspiranti attrici parti di un copione di fantomatici film, chiedeva loro di interpretare con lui la parte, ed approfittava della situazione per le violenze sessuali. In alcuni casi non ha esitato a chiudere la vittima all'interno dell'appartamento. Per raggiungere il suo obiettivo, secondo quanto emerso dalle indagini, il finto regista induceva le aspiranti attrici a ritenere che gli abusi da lui richiesti costituissero la dimostrazione delle loro capacità artistiche e che il loro rifiuto sarebbe stato indicativo della inidoneità alla recitazione.