«L'Isola dei contagiati» si sente parte lesa. L’ultimo focolaio di Covid al Billionaire di Porto Cervo (6 camerieri stagionali e saltuari positivi e almeno 50 dipendenti in isolamento) riaccende le polemiche sull'esistenza di un 'caso Sardegna', che esporta altrove il virus dei turisti contagiati al rientro dalle vacanze. «L'Isola è sicura, non esiste un 'caso' Sardegna, per questo i test per chi esce dai nostri confini non sono necessari», chiarisce il governatore Christian Solinas rispetto alle richeste che arrivano in particolare dal Lazio (ieri con l’assessore della Sanità, oggi con il sindaco di Civitavecchia) di prevedere dei test agli imbarchi di navi e aerei per i passeggeri che tornano dalla Sardegna dopo l’impennata di contagi tra i giovani che abitano a Roma. «Se il Governo ci avesse ascoltato quando alla vigilia della stagione estiva chiedemmo i tamponi per i turisti in arrivo, i casi di Porto Rotondo, Santo Stefano e Porto Cervo non sarebbero mai esistiti», ribadisce Solinas. Dal presidente della Regione alle autorità sanitarie, sino all’ultimo dei commentatori social: la Sardegna reagisce. Tra contrapposizioni mediatiche, sparate politiche, drastiche valutazioni di alcuni governatori e sindaci oltre Tirreno, l'Isola studia una linea difensiva contro chi le scarica addosso ipocondria, timore di un altro lockdown e preoccupazioni economiche. L’arringa sarda fonda su tre postulati: il virus che circola in Sardegna è d’importazione, arriva coi turisti transitati per località a rischio, come Ibiza e Mykonos; la maggior parte dei positivi è non residente, sono turisti e sono loro un pericolo per i sardi, non viceversa; la Sardegna non sta affrontando alcuna emergenza, come confermano i dati e la situazione sanitaria-ospedaliera, perciò non ha motivo di adottare provvedimenti restrittivi, come i test per i turisti in partenza, negati qualche mese tra dubbi di costituzionalità e accuse di razzismo «di ritorno». In quest'ultime ore l’attenzione e le nuove apprensioni, seppur contenute, arrivano dal Billionaire di Flavio Briatore: almeno 50 dipendenti si sono auto-isolati in attesa dei tamponi da parte dell’Ats dopo l’allarme scattato per sei lavoratori occasionali risultati positivi. «Sebbene siano tutti asintomatici - fa sapere l’ufficio di comunicazione del locale - per correttezza i nostri dipendenti si sono auto-isolati e con grande senso di responsabilità da parte di tutti si stanno seguendo le procedure previste. Tutti si trovano negli alloggi messi a disposizione per la stagione, sono assistiti e c'è chi si occupa di assecondare ogni loro necessità». Tutto questo «in attesa che l’Asl competente esegua i tamponi e renda noti gli esiti». Il locale è chiuso dal 17 agosto, in anticipo di una settimana rispetto al previsto. Una decisione che Briatore ha preso in aperta polemica col sindaco di Arzachena, Roberto Ragnedda, accusato dall’imprenditore di aver firmato provvedimenti troppo aspri (stop alla musica a mezzanotte). Tra i due una querelle continua, tra post sui social e interviste al vetriolo. Strutture ricettive e altri luoghi a rischio «contagio turistico» stanno reagendo con prontezza al minimo sospetto. Anche i sindaci procedono a colpi di ordinanze per sedare ogni timore. Domenico Mannironi, primo cittadino di San Teodoro, località che ad agosto ha registrato il più alto numero di presenze nel nord Sardegna, ha dato un’ulteriore stretta alla movida dopo l’unico contagio accertato (quello di un turista romano) e sindromi febbrili ricorrenti segnalati dalla Guardia medica sui ragazzi del paese. Vietato quindi l’accesso alle spiagge, spesso bivacco notturno di giovani, dalle 22 alle 6 del mattino, numero chiuso sulla spiaggia più frequentata e musica nei locali autorizzata solo sino all’1.