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In Italia preoccupano i contagi da Coronavirus e Conte non esclude più il lockdown

Il Governo lavora per scongiurare un nuovo lockdown. Le conseguenze, anche economiche, sarebbe pesantissime, forse devastanti. Ma evitare una nuova chiusura di tutte le attività non è più esclusa con la stessa certezza di pochi giorni fa.

Solo all'inizio di questa settimana il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva allontanato con forza l'ipotesi di abbassare di nuovo le saracinesche, adesso non è più così.

Non è ancora allarme rosso, dunque, ma la preoccupazione c'è. Ed è molta. Il record dei contagi dall'inizio dell'emergenza piomba sul tavolo del governo e costringe il premier Giuseppe Conte e i ministri a prendere in seria considerazione la possibilità di un'ulteriore stretta, che prevederebbe inevitabilmente zone rosse localizzate ma anche lockdown settoriali e a tempo, sulla scia di quel che già sta avvenendo in altri paesi europei.

L'obiettivo primario è però quello di resistere almeno un paio di settimane e attendere gli effetti del Dpcm entrato in vigore oggi, considerata anche la possibilità che il decreto assegna alle Regioni di poter introdurre autonomamente misure più restrittive di quelle indicate a livello nazionale.

Nei ministeri e sul tavolo del Cts si comincia però a fare i conti con la possibilità che a questo punto nessuna misura può essere esclusa. "Nessun allarme, nessun terrore, ma è evidente che l'aumento dei contagi ci preoccupa, il virus corre veloce" dice il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia sottolineando però che "le reti sanitarie territoriali" stanno tenendo.

Lo stesso presidente del Consiglio, per la prima volta da settimane, a domanda specifica non esclude esplicitamente il provvedimento più drastico, il lockdown - anche se si farà di tutto per non arrivarci.

A partire dai trasporti pubblici, strettamente connessi alla scuola. Dalla riunione al Mit tra il ministro dei Trasporti Paola De Micheli, regioni, comuni e società che gestiscono il Tpl è arrivata la disponibilità ad affrontare le situazioni più critiche anche se è stata confermata la soglia della capienza massima all'80%.

Questo perché, sottolinea il ministero, i dati dell'ultimo periodo dicono che l'utilizzo da parte degli studenti si attesta ad una media del 55% della capacità consentita. La scuola è e resta, assieme al lavoro, la priorità del governo.

Se la curva continua a salire a questo ritmo, nel giro di meno di una settimana sarà superato il muro dei diecimila casi al giorno. Che fare, dunque? La riflessione che in questo momento si sta facendo, sottolineano fonti dell'esecutivo, è di continuare a monitorare con attenzione i dati su ricoveri e terapie intensive. Perché è quello il cul de sac: "Non abbiamo la sostenibilità sanitaria della Germania, soprattutto al sud. E dobbiamo anche tenere conto che il personale sanitario è molto stanco - ragiona un membro del Cts -. Dunque dobbiamo anticipare problemi e prescrizioni". Che tradotto significa mettere sul tavolo i possibili interventi.

Nei prossimi giorni ci saranno una serie di incontri, a partire dalla Conferenza Stato-Regioni di giovedì che farà una prima analisi dei numeri, come conferma Boccia. E domani arriverà il nuovo monitoraggio del ministero della Salute. Se l'Rt a livello nazionale dovesse superare l'1.25 si entrerebbe nel terzo scenario ipotizzato dallo studio dell'Iss, che prevede interventi chiari: zone rosse con lockdown temporanei, interruzione di attività sociali e culturali a maggior rischio di assembramento, la possibilità di interrompere alcune attività produttive, possibili restrizioni alla mobilità interregionale, lezioni scaglionate e potenziamento della Dad. Scenari che il governo, per il momento, non vuole prendere in considerazione.

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