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Roma, sequestro per quasi due milioni a boss calabrese del narcotraffico

Militari del Comando Provinciale della guardia di finanza di Roma hanno sequestrato beni mobili e immobili per un valore di 1,7 milioni di un boss del narcotraffico calabrese.

I militari hanno eseguito un provvedimento di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale capitolino, su proposta della Direzione distrettuale antimafia di Roma, finalizzato al sequestro di attività commerciali, immobili, autovetture e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di circa 1,7 milioni di euro, riconducibili a Cosimo Damiano Tassone, classe 1969, narcotrafficante calabrese operante nella capitale a capo di una importante rete internazionale di trafficanti di sostanze stupefacenti.

La sua figura era emersa nelle indagini condotte nell’ambito dell’operazione 'Crazy Hill', condotta dal II Gruppo delle fiamme gialle e coordinata dalla Dda, che, nel 2015, aveva consentito di sgominare un potente sodalizio criminale con base a Roma e contatti operativi in Germania, Olanda, Spagna e Inghilterra, in grado di organizzare spedizioni via container o via aerea di ingenti quantitativi di cocaina provenienti dal Sud America (Colombia, Argentina e Brasile).

Per fornire un’idea della caratura dell’associazione, si evidenzia che nel corso delle indagini (biennio 2014-2015) erano stati effettuati sequestri per un ammontare complessivo di oltre 1000 chili di cocaina: 32 chili presso l’aeroporto di Malpensa; 42 all’aeroporto di Fiumicino; 16 nel porto di Anversa (Belgio); 170 presso il porto di Rotterdam (Olanda); 317 nei porti di Emden e Amburgo (Germania); 450 nel porto di Gioia Tauro; ed era stato accertato il tentativo di introdurre ulteriori 135 chili di cocaina in Italia presso il porto di Livorno.

Nel corso delle indagini era stato provato che l’organizzazione aveva a disposizione ingenti risorse finanziarie, funzionali al perfezionamento delle importazioni (pagamento delle spedizioni via container, dei carichi di copertura, dei viaggi aerei e dei soggiorni all’estero degli intermediari), nonché al ripianamento delle perdite subite per le operazioni non concluse.

In un caso Tassone era stato filmato, all’interno del giardino di una delle ville oggi sequestrate, mentre sotterrava una valigia contenente denaro provento del narcotraffico e commentava al telefono: «Sti soldi... li sotterro». In un altro caso era stato accertato che l’organizzazione, per il pagamento di una delle partite di droga sequestrata, aveva movimentato dall’Italia al Brasile, via Svizzera, attraverso una complessa operazione di riciclaggio, oltre 1,4 milioni di euro.

In tale occasione, peraltro, la mancata consegna di una quota della somma dovuta aveva determinato una violenta reazione del boss che, durante un inequivocabile colloquio telefonico, aveva dato mandato agli associati di maggiore fiducia di intimidire pesantemente gli operatori finanziari coinvolti nell’attività illecita ("digli che se non mi portano altri 622.100 dollari, il primo che gli strappo la testa... noi non siamo imprenditori e se pensa di farla franca ha sbagliato persone").

Nella stessa circostanza, a conferma della caratura criminale del sodalizio, veniva trattenuto in Brasile, fino alla conclusione dell’intero passaggio della provvista di denaro, il figlio del garante dell’operazione. Proprio partendo da tali evidenze, considerate le notevoli somme di denaro a disposizione dell’organizzazione e considerato che il capo, da anni, non risultava svolgere alcuna attività lavorativa, la Dda ha delegato alle fiamme gialle l’esecuzione di indagini patrimoniali finalizzate ad individuare il reale patrimonio dell’indagato.

Le investigazioni, estese anche al nucleo familiare e ai suoi prestanome, hanno consentito di accertare la sussistenza di una significativa sproporzione tra i redditi dichiarati ed il profilo economico dei soggetti. A titolo esemplificativo, dal 2010 alla data dell’arresto del narcotrafficante, avvenuto nel 2015, sono stati individuati sui conti delle persone controllate versamenti in contanti per oltre 144 mila euro, mentre dopo la sua cattura i versamenti si sono azzerati.

Nello stesso periodo, inoltre, è stato accertato che il nucleo familiare monitorato ha acquisito il 50% del capitale di una società operante nel settore del commercio all’ingrosso di materiali di recupero, 4 terreni in provincia di Grosseto, 4 unità immobiliari a Roma (in zona Prenestina) successivamente ristrutturate con un mutuo di 100 mila euro, le cui rate sono state pagate esclusivamente con versamenti in contanti ed ha ristrutturato un caseggiato rurale nel Comune di Montecompatri, trasformandolo, di fatto, in un villino di pregio.

Pertanto, il Tribunale di Roma ha disposto il sequestro finalizzato alla confisca dei beni acquisiti in un arco temporale nel quale il proposto e gli altri soggetti sottoposti ad accertamento non disponevano di mezzi finanziari sufficienti al loro pagamento. Il provvedimento è stato notificato a Tassone nel carcere di Asti, ove è recluso a seguito di una condanna a 14 anni.

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