I primi vaccini in Italia tra due mesi, prima agli operatori sanitari e agli anziani, distribuiti attraverso un piano del ministero della Salute: un «meccanismo centralizzato» e non su base regionale. Il countdown per l'arrivo della cura anti-Covid nel Paese è cominciato inseguendo una data ufficiale: «confidiamo di poter vaccinare i primi italiani alla fine di gennaio», annuncia il Commissario per l'emergenza, Domenico Arcuri. A ricevere subito le dosi saranno un milione e 700mila cittadini, che saranno scelti in base ad una serie di categorie individuate in funzione della loro «fragilità e potenziale esposizione al virus». Dunque davanti alla fila ci saranno, com'era prevedibile, le persone che negli ospedali lavorano in prima linea sul fronte della lotta al virus, ma anche gli anziani e i fragili. In coda i più giovani. Parole di speranza arrivano dallo stesso premier Giuseppe Conte, per il quale la distribuzione, in tutto il mondo, dovrà essere «equa» e sarà "una sfida enorme che richiede una pianificazione molto accurata». In queste settimane di attesa sarà messo a punto un piano del ministero della Salute che prevederà un determinato target di persone. La cura non avverrà quindi «da domani né da subito per tutti» e la distribuzione non sarà su base regionale, ma «il governo ha deciso per una centralizzazione del meccanismo», individuando le categorie dei primi cittadini per i quali la somministrazione - da parte di medici e di chiunque sia già deputato farlo - sarà necessaria, spiega il commissario Arcuri, investito in queste ore dal Governo anche come responsabile del piano operativo per la distribuzione delle dosi in Italia. «Non serve avere il vaccino in un luogo A piuttosto che in un luogo B», sottolinea il Commissario, frenando le parole di chi, come l'assessore alla Sanità della Sardegna, Mario Nieddu, si diceva già sicuro che «entro gennaio» sarebbe arrivato nella propria regione. Lo stesso Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute - annunciando il lavoro in fase di elaborazione da parte di una task force - aveva sottolineato: «noi abbiamo le Regioni e dobbiamo fare un piano che contempli questa frammentazione. Quindi siamo svantaggiati nella rapidità decisionale, ma c'è una squadra, coordinata dal capo del dipartimento prevenzione del Ministero, Gianni Rezza, che sta lavorando per elaborare il piano più adatto alla nostra realtà». Dopo le prime dosi di gennaio, quelle prodotte dalla colosso farmaceutico statunitense Pfizer, ne arriveranno altre in Italia nei mesi immediatamente successivi e non si esclude affatto l'acquisizione di vaccini provenienti da altri produttori. Potrebbero però allungarsi i tempi dell’ente americano per il controllo sui farmaci, la Food and drug administration (Fda) per la revisione e la prevista approvazione del vaccino anti Covid-19 delle aziende Pfizer e BioNtech e la decisione della Fda arriverà con tutta probabilità intorno a Natale o poco prima. Dosi in arrivo paragonate metaforicamente «alla cavalleria in un esercito», spiega lo stesso Anthony Fauci, direttore dell’Istituto per le malattie infettive Usa. «Se davvero fosse efficace nei 90% dei casi sarebbe una bomba - commenta Pierluigi Lopalco, assessore in pectore alla Sanità della Regione Puglia - Gli annunci io li prendo sempre con le pinze perché servono a far salire le quotazioni in Borsa, però la velocità con cui si sta procedendo con la sperimentazione è impressionante». E la deputata M5s ed ex ministro della Salute Giulia Grillo annuncia la presentazione di una proposta, nella prossima Legge di Bilancio, per «una normativa realmente efficace in grado di permettere la produzione di medicinali anche al di fuori di quelle che sono le cosiddette coperture brevettuali, copyright o altri diritti di esclusiva».