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La Aiello sulla Fai (antiracket): "Ceraolo non ha i requisiti"

Piera Aiello

Un’interrogazione al Ministro dell’Interno della deputata Piera Aiello, membro della commissione giustizia della Camera e componente della commissione parlamentare di inchiesta sulle mafie, pone sotto i riflettori la Fai, federazione delle associazioni antiracket e antiusura. Nel suo atto, la parlamentare trapanese evidenzia il ruolo dell’avvocato Mario Ceraolo, vice presidente vicario della Fai dal maggio 2019.

Secondo l’on. Aiello, eletta col Movimento 5 stelle e transitata lo scorso settembre al gruppo misto, l’ex vice questore della Polizia, adesso in pensione, sarebbe infatti “privo dei requisiti soggettivi per essere nominato vicepresidente della Fai di cui riveste le funzioni di direzione e di rappresentanza esterna nazionale”. Nella sua interrogazione la Aiello, oltre a indicare come “Salvatore Bonaffini, condannato per l'omicidio di Salvatore Pellegrino del marzo 1992, risulta coniugato con la figlia di Ceraolo”, parla di indagini cui lo stesso vice presidente Fai “risulta ancora sottoposto da parte della procura della Repubblica di Messina” con le ipotesi di “depistaggio e rilevazione di segreto d'ufficio”. I procedimenti sono connessi alle indagini sull’attentato all’ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci del maggio 2016, già al centro, come è noto, di uno scontro rovente a seguito delle conclusioni della commissione antimafia siciliana nell’ambito della cui attività emerse anche la figura dell’ex vice questore.

Nell’interrogazione la Aiello cita quindi altre imputazioni per cui Ceraolo “ha ottenuto il non doversi procedere per prescrizione dei reati”, riferendosi ad una sentenza del tribunale di Catania che, si legge ancora “evidenzia ad avviso dell'interrogante che a suo carico risulterebbero elementi concreti di responsabilità”. Da quel processo, in cui l’accusa contestava la produzione di falsi verbali con dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Orlando Galati Giordano per fatti accaduti sui Nebrodi agli inizi degli anni ’90, Ceraolo uscì assolto perché il fatto non sussiste per due capi d’imputazione e per non aver commesso il fatto per altri sei, infine per tre capi i giudici etnei, con sentenza del dicembre 2013, dichiararono il non luogo a procedere per prescrizione. “La normativa prevede stringenti e incrociati controlli da parte delle forze dell'ordine sui requisiti soggettivi degli appartenenti alle associazioni antiracket e antiusura – ricorda Aiello – e in caso di mancanza dei requisiti soggettivi degli aderenti va negata l'iscrizione all'albo prefettizio dell'associazione che lo richieda, o se avvenuta, ne va disposta l'immediata cancellazione. In caso di mancanza dei requisiti soggettivi secondo l'interrogante dovrebbe essere negata la possibilità di avere una carica come quella che riveste il Ceraolo”, conclude Piera Aiello che sollecita il ministro a chiarire se la Fai risulti tuttora iscritta all’albo prefettizio, “di quali strumenti disponga perché siano evitate situazioni di questo genere, che recano danno alla stessa immagine e azione del Ministero nella delicatissima battaglia contro il racket” e se “non intenda assumere iniziative normative per rendere più stringente e rigorosa la disciplina dei requisiti per la nomina e per i relativi controlli per gli incarichi”.

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