Parte il piano delle vaccinazioni. “La luce in fondo al tunnel”, si dice da più parti. Il programma abbraccia tutti gli scenari possibili: fasi, beneficiari, logistica, distribuzione, approvvigionamenti, scadenze. Il giorno del battesimo è scandito da facili entusiasmi, complici mesi e mesi di macerie e afflizioni. Ben presto, però, il percorso diventa paludoso. C’è chi reclama il mancato inserimento in elenco, chi pretende una sorta di priorità acquisita e chi prova ad accaparrarsi il siero dall’amico di turno, perché la scorta sarebbe stata destinata alla distruzione in quanto non utilizzata dall’avente diritto e la catena del freddo ormai compromessa.
Le aziende produttrici comunicano rallentamenti nei rifornimenti. I “no vax”, dal canto loro, gongolano. Da un lato, mostrano studi scientifici “fake” in base ai quali in Australia un immunizzato si è trasformato in canguro, in Finlandia un medico ha assunto le sembianze di una renna e ha persino trascinato la slitta con Babbo Natale. In alcuni territori degli Stati Uniti pare sino ricomparsi i Sioux. Dall’altro, manifestano in piazza le loro astruse convinzioni. Scene che fanno il giro del mondo ma che rafforzano, nel contempo, la posizione di chi nel vaccino crede eccome. Così, in Thailandia, negli elenchi predisposti dalle Autorità sanitarie la priorità viene assegnata agli elefanti, sacri al pari dei medici. Così come in India le mucche si mettono ordinatamente in fila, distanziate e con mascherina, per accedere a sterminati campi drive-in. Col trascorrere del tempo, il miracolo atteso da tutti si materializza: tutti gli intoppi svaniscono e ogni Paese del Mondo sta per portare a termine la missione della vaccinazione.
E anche alcuni fieri oppositori del siero si ricredono. È “vax mania”. A tal punto che in Mongolia ci si accalca con la propria pecora fuori dai centri autorizzati. “Prima lei, poi io”, afferma un anziano. Analogo copione in Sardegna, dove un pastore ottantenne fa accomodare sulla poltroncina la sua capretta e le fa mettere il laccio emostatico intorno alla zampetta. Effetti, questi, di una frase ripetuta ossessivamente nel Globo: “immunità di gregge”. Obiettivo raggiunto.
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