La ricerca del consenso e «la funzione sociale» svolta nel territorio di riferimento, resta cruciale per Cosa nostra. Lo evidenzia il presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario che leggerà domani. Aprile 2020, e quindi nel pieno della pandemia da Covid-19, sottolinea il magistrato, è emerso che un pregiudicato per reati di criminalità comune, fratello di altro pregiudicato per mafia, «si spendeva per la consegna di generi alimentari ad alcuni nuclei familiari indigenti del quartiere Zen di Palermo». E’ plausibile dunque, per Frasca, «che, sfruttando il momento di crisi economica e sanitaria, egli si sia prodigato, mediante per ricercare un certo grado di consenso sociale». Una circostanza che apre uno scenario più vasto, dome dimostarto peraltro dall’ultima operazione antimafia «Bivio», che ha colpito la famiglia mafiosa dello Zen, la quale assicurava la distribuzione di cibo alle persone in difficoltà.
Le famiglie mafiose, inoltre, dice Frasca, «impongono le proprie decisioni per la risoluzione delle problematiche più varie: litigi familiari per motivi sentimentali, occupazioni abusive di case popolari, sfratti per mancati pagamenti di affitti, intercessioni per intraprendere attività economiche nel quartiere in contrapposizione ad altri soggetti, modalità e tempi di pagamento di debiti rimasti insoluti, recupero di beni oggetto di furto, il pieno controllo delle feste di quartiere, occupandosi dell’ingaggio dei cantanti neomelodici chiamati a esibirsi durante la manifestazione, al pagamento di questi e delle altre spese dell’organizzazione, all’autorizzazione ai commercianti ambulanti a vendere i loro prodotti durante la festa, disponendo anche la relativa collocazione lungo le strade rionali. In un caso è venuto fuori anche il diretto coinvolgimento della famiglia mafiosa del Borgo Vecchio nel controllo dei gruppi ultras del Palermo, nella risoluzione di contrasti tra ultras, nonchè ad evitare disordini all’interno dello stadio.
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