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Aifa dice sì a due anticorpi monoclonali, possibile cura per il coronavirus

Anche l’Italia, dopo la Germania, apre la strada all’utilizzo delle terapie anti-Covid con anticorpi monoclonali. E’ giunto infatti l’atteso via libera dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per due monoclonali, ma con alcune condizioni e per una categoria limitata di pazienti. Si tratta cioè di una casistica limitata in fase precoce in pazienti ad alto rischio di evoluzione.

L’approvazione, con uso condizionato, per i due anticorpi monoclonali - delle aziende Eli Lilly e Regeneron/Roche - è arrivata dopo una lunga riunione della Commissione tecnico-scientifica dell’Agenzia. Già nei giorni scorsi, il presidente dell’Aifa Giorgio Palù aveva definito tali terapie come «salvavita» e il direttore generale Nicola Magrini aveva comunicato che il governo ha individuato un fondo per questi farmaci, garantendo così una disponibilità per coprire «diverse decine di migliaia di pazienti». Forte è stato anche il pressing per il via libera da parte del ministro della Salute, Roberto Speranza. Convinto del ruolo centrale di tali terapie il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli che, esprimendo soddisfazione per l’ok dell’Aifa, parla di «boccata d’ossigeno per il sistema». Avere a disposizione anche questa opzione terapeutica, che, «in determinate condizioni, permette - afferma Anelli - di ridurre le ospedalizzazioni e di migliorare i risultati clinici, può essere una strategia per condurre a termine la campagna vaccinale in un tempo più flessibile». Il fondo individuato, inoltre, «permetterà di somministrare i monoclonali a migliaia di pazienti nell’ambito del Servizio Sanitario nazionale, secondo le indicazioni dell’Aifa, provando a ridurre le complicanze e le ospedalizzazioni». Ciò, secondo Anelli, rappresenta appunto una «boccata d’ossigeno che limiterebbe le conseguenze della scelta, che pare ormai obbligata, di rimodulare su tempi più lunghi la campagna vaccinale».

Questi agenti terapeutici hanno dimostrato, secondo gli studi sin qui disponibili, una possibile efficacia se impiegati in una fase precoce della malattia Covid-19, entro 72 ore dallo sviluppo dei sintomi. In uno scenario in cui la disponibilità del vaccino, che «è l’unico strumento potenzialmente risolutivo della pandemia, scarseggia, e la campagna va rimodulata di conseguenza - commenta ancora il presidente Fnomceo - ben venga ogni terapia che ci permette di sostenere chi si ammala». Nel caso degli anticorpi monoclonali bamlanivimab ed etesevimab di Eli Lilly, il trattamento riduce il rischio di ospedalizzazione e morte per Covid-19 del 70% in pazienti ad alto rischio, come hanno dimostrato i risultati della sperimentazione di Fase 3 presentati dall’azienda lo scorso 26 gennaio. Gli anticorpi neutralizzanti sono stati utilizzati anche dall’ex presidente Usa, Donald Trump. «Apprendiamo con gioia la notizia. E’ molto importante allinearci a quanto già viene garantito negli Stati Uniti e in Germania fornendo ai pazienti Covid-19 un’arma in più contro il peggioramento della malattia. Come MoVimento 5 Stelle sollecitavamo da mesi, insieme al nostro viceministro Pierpaolo Sileri, l’autorizzazione anche in Italia», hanno affermato in una nota i senatori del Movimento 5 Stelle in Commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama. Ma su queste terapie sperimentali considerate molto promettenti si delinea tuttavia la minaccia rappresentata dalle varianti del virus SarsCov2, che potrebbero minarne l’efficacia. Proprio per ovviare a tale rischio, la ricerca e le aziende stanno ora puntando sulle combinazioni di più anticorpi monoclonali in funzione anti-Covid. La Eli Lilly, ad esempio, sta studiando il proprio anticorpo neutralizzante bamlanivimab insieme ad altri anticorpi monoclonali, per il trattamento dei ceppi attuali e futuri di SarsCov2 fino a quando i vaccini non saranno ampiamente disponibili e utilizzati.

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