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'Ndrangheta, usura e traffico di rifiuti radioattivi: la seconda vita del boss calabrese Cosimo Vallelonga

Secondo le indagini sarebbero state movimentate illegalmente almeno 10mila tonnellate di rifiuti e materiali ferrosi

Ci sono anche 16 tonnellate di rame trinciato radioattivo tra i materiali sequestrati nel corso di una maxi-operazione della Dda di Milano sul traffico di rifiuti, dietro al quale si cela l’ombra della 'ndrangheta. L’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip, è stata eseguita in mattinata nei confronti di 18 italiani, di cui 10 in carcere e 8 ai domiciliari.

Le accuse sono associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, frode fiscale, autoriciclaggio, usura ed estorsione. Il pericoloso carico di rifiuti radioattivi, proveniente dalla provincia di Bergamo era stato bloccato dalla polizia stradale di Brescia nel maggio 2018. Secondo le indagini sarebbero state movimentate illegalmente almeno 10mila tonnellate di rifiuti e materiali ferrosi. Le indagini del Gico della guardia di finanza (il raggruppamento che si occupa di criminalità organizzata) hanno portato ad arresti in Lombardia, Emilia Romagna e Liguria e al sequestro di 120mila euro di quote delle società che partecipavano al traffico.

L’operazione è stata denominata Cardine-Metal Money e ha al centro la figura di Cosimo Vallelonga, già condannato per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione «La notte dei fiori di San Vito» degli anni '90, oltre che nell’inchiesta capitale sulla 'ndrangheta in Lombardia, «Infinito», del 2010.

Secondo gli investigatori, Vallelonga è ancora uno dei cardini della criminalità organizzata in Lombardia. Il boss, dopo aver finito di scontare la sua pena, aveva ripreso i vecchi contatti 'ndranghetisti, ricevendo addirittura visite nel suo negozio di La Valletta Brianza, «Arredo Mania». Qui aveva riorganizzato il traffico illecito, soprattutto per "riciclare" i soldi provenienti da estorsioni e usura nell’economia legale. Le fiamme gialle hanno infatti ricostruito che prestava soldi a tassi altissimi ad imprenditori locali e che aveva messo in piedi una serie di società "cartiere".

La seconda vita del boss: giro d'affari da 30 milioni

Aveva trovato una seconda vita il boss della 'ndrangheta Cosimo Vallelonga tra usura e traffico di rifiuti, ma è stato fermato dall’operazione della Dda di Milano, che stamattina ha portato all’arresto di 18 persone (10 in carcere e 8 ai domiciliari). In base a quanto ricostruito, il giro d’affari che aveva messo in piedi era stato di almeno 30 milioni in 3 anni.

Prestiti che avrebbe concesso a tassi usurari. Gli investigatori hanno ricostruito i singoli episodi: almeno 8 le vittime tra cui diversi imprenditori lombardi, nella morsa della crisi. Nel corso degli anni aveva "finanziat0" imprese locali per oltre 750mila euro con tassi di interesse fino al 40%. Come spesso accade, quando le somme non venivano restituite si passava all’estorsione e alle minacce di morte, con tanto di armi. In questo caso a occuparsi del «recupero crediti» era un uomo di fiducia di Vallelonga.

Parte del denaro proveniente da questa attività veniva poi investito in aziende che operavano nel settore dalla movimentazione di rifiuti pericolosi ferrosi e non ferrosi, attraverso l’alterazione dei certificati «Fir». I materiali venivano acquistati «in nero», per poi essere sversati illegalmente.

Vallelonga, già condannato per associazione mafiosa nell’operazione «La notte dei fiori di San Vito» degli anni '90, oltre che nell’inchiesta capitale sulla 'ndrangheta in Lombardia, Infinito (2010), si era rimesso in pista con un business milionario dopo aver finito di scontare la sua pena. Le direttrici dell’operazione denominata «Cardine Metal Money» sono infatti tra la provincia di Lecco e la Brianza, dove Vallelonga aveva un negozio di arredamento, nel quale riceveva i suoi «sodali», ma anche imprenditori in crisi che gli chiedevano prestiti.

"Settanta milioni da far girare". Le intercettazioni

«Un settanta milioni da girare, non so se in dollari o in euro, mi servirebbe fare delle fatture». Così intercettato un presunto appartenente della cosca della 'ndrangheta Morabito-Palamara-Bruzzaniti parlava con Cosimo Vallelonga, storico boss della mafia calabrese in Lombardia, arrestato nel maxi blitz della Dda di Milano su un traffico di rifiuti e altri reati, parlava nel 2018 di una «grossa ditta" che «aveva bisogno di far 'girarè un’enorme cifra di denaro" con un sistema di false fatturazioni. Il particolare emerge nelle oltre 500 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Alessandra Clemente, su richiesta dei pm Paola Biondolillo e Adriano Scudieri, nell’inchiesta del Gico della Gdf e della Squadra mobile di Lecco. Stando agli atti, Vallelonga, una volta scarcerato dopo essere rimasto coinvolto in importanti operazioni anti-'ndrangheta come il blitz "Infinito" del 2010, avrebbe ripreso a guidare il clan dal suo negozio "Arredo mania", un mobilificio di La Valletta Brianza (Lecco). Dall’intercettazione sui «70 milioni» emerge, scrive il gip, la sua disponibilità «a mettere a disposizione la sua caratura criminale, le sue conoscenze e in definitiva» il suo «capitale mafioso». E Vallelonga, infatti, si sarebbe impegnato «per risolvere il problema» postogli dal presunto affiliato al clan calabrese.

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