Più personale per vaccinare gli italiani, logistica adeguata in tutto il Paese per una somministrazione più rapida, priorità ad insegnanti e personale scolastico, piattaforma digitale e call center per le prenotazioni e per avere in tempo reale l’andamento delle vaccinazioni. Prende sempre più forma il cambio di passo che Mario Draghi vuole imporre alla campagna vaccinale, consapevole che solo la sua riuscita consentirà al Paese di ripartire e di lasciarsi alle spalle le restrizioni.
Un’accelerazione che il presidente incaricato ripete a tutti i partiti anche in virtù delle «notizie positive» che «a breve" arriveranno dall’Unione europea sui contratti con le case farmaceutiche: Bruxelles sta trattando per avere più dosi ed è ovvio che quando ci saranno bisognerà farsi trovare pronti. Va rivista dunque la logistica, per aumentare la distribuzione nelle regioni, e vanno incrementati i "vaccinatori", magari attingendo ai volontari della Protezione Civile e alla sanità militare per accelerare le somministrazioni. C'è un dato che conferma questa necessità: le prime 249mila dosi di Astrazeneca destinate agli under 55 sono state tutte consegnate, ma le vaccinazioni non sono ancora partite in nessuna regione. Tempi più lunghi, invece, richiederà l’altro aspetto al quale Draghi ha fatto un accenno nei colloqui, la possibilità di produrre i vaccini in Italia.
Anche se si raggiungessero gli accordi con le case farmaceutiche in tempi brevi, potrebbero servire mesi per adeguare gli impianti delle aziende. Una volta insediato, l’ex presidente della Bce troverà comunque sul suo tavolo il nuovo piano del ministero della Salute illustrato oggi alle Regioni che prevede entro la fine di marzo l’arrivo di 14,5 milioni di dosi: 9,1 da Pfizer, 4,165 da Astrazeneca e 1,3 da Moderna. Con la vaccinazione delle prime tre categorie prioritarie (personale socio sanitario, Rsa e anziani over 80, in tutto quasi 6,5 milioni di persone) già avviata e pianificata, si procederà in parallelo su due fronti. Il siero di Pfizer e Moderna sarà destinato ad oltre 25 milioni e 800 mila italiani: persone estremamente vulnerabili di ogni fascia d’età (chi ha malattie respiratorie o cardiocircolatorie, diabetici e obesi); anziani tra 75 e 79 anni; anziani tra 70 e 74 anni; persone vulnerabili fino a 69 anni; persone tra 55 e 69 anni che non presentano rischi specifici. L’ultima categoria indicata, quella delle persone tra 16 e 55 anni che non presentano rischi specifici - 29.051.793 italiani - sarà vaccinata invece con Astrazeneca, come i 3.894.847 cittadini sotto i 55 anni appartenenti a personale della scuola, forze armate e di polizia, personale carcerario e detenuti, soggetti impiegati nei luoghi di comunità e gli altri servizi essenziali.
Se rimarrà così il piano o se sarà modificato lo si capirà nei prossimi giorni, ma Draghi dovrà fare i conti con almeno altre due questioni. La prima è l’ennesimo scontro tra il governo e la Lombardia, stavolta sul "piano Bertolaso". Un botta e risposta che in realtà arriva fin dentro le stanze dove si stanno svolgendo le consultazioni visto che Matteo Salvini, dopo aver annunciato il suo sì al governo istituzionale, non manca occasione per ribadire che quello è il modello che proporrà per far funzionare il sistema. Fontana e Moratti volevano che il piano fosse valutato dal Cts e, eventualmente, messo a disposizione delle altre regioni. Ma a il ministero della Salute ha stoppato l’iniziativa ribadendo la «valenza nazionale» di quello attuale condiviso con le stesse Regioni e sottolineando che una eventuale alternativa può essere presa in considerazione solo se «in linea» con quello. L’altra questione è la volontà di alcune regioni di procedere autonomamente all’acquisto dei vaccini. L’ha annunciato Luca Zaia per il Veneto, lo sta valutando la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia e la Sicilia, mentre Lazio, Puglia e Campania si sono dette contrarie. Sulla carta possono farlo, avendo autonomia di spesa in materia di sanità, ma nella pratica è piuttosto difficile visto che il prezzo d’acquisto sarebbe di molto superiore a quello praticato all’Ue. Solo per fare un esempio: l'Italia paga il siero Pfizer 19,5 euro mentre sul mercato libero non si trova a meno di 100 euro.
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